Professioni, il Fisco guarda all’impresa

A seguito delle modifiche introdotte al trattamento fiscale delle voci di reddito dei professionisti (Testo unico delle imposte sui redditi) dal Dl 223/06 e dalla Finanziaria 2007 si fa sempre più forte l’esigenza di un’operazione di convergenza. Proprio il dibattito, ormai sempre più serrato, sulla natura imprenditoriale delle attività professionali ha, di fatto, spinto il Fisco a cercare maggiori punti di contatto tra le regole per determinare il reddito d’impresa e quello di lavoro autonomo. Certo non si può parlare di alcuna assimilazione, anche se è indubbio che la tassazione dei professionisti, in questi ultimi mesi, si sia in qualche modo avvicinata alle regole tipiche delle società di servizi. Il lavoro autonomo – pur rimanendo agganciato al criterio di cassa, in vigore dal lontano 1974 – ha visto, infatti, l’introduzione di numerose deroghe, che sembrano orientare i criteri per la determinazione del reddito verso il criterio della competenza. Fino ad oggi i criteri di calcolo del reddito dei professionisti hanno trovato una specifica regolamentazione nell’articolo 54 del Tuir, che si basa sulla regola generale secondo cui il reddito è costituito dai compensi percepiti meno le spese sostenute. Finora, dunque, le norme introdotte da tale regola consentivano ai criteri di determinazione del reddito di lavoro autonomo di operare su un piano del tutto distinto rispetto a quelli del reddito d’impresa, dato che le disposizioni previste per le imprese non andavano estese in via interpretativa al lavoro autonomo. Le modifiche introdotte dal Dl 223/06 hanno, viceversa, dato rilevanza alle plusvalenze e minusvalenze, oltre che all’ammortamento degli immobili strumentali; tutte cose che hanno consentito di fare un ulteriore passo verso il reddito d’impresa. Quindi, anche se i professionisti continueranno a determinare il reddito secondo il principio di cassa, non mancano ora elementi che potrebbero concorrere alla formazione del reddito per competenza.