Pro rata Iva, sollevata questione di legittimità sul calcolo

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Pro rata Iva, sollevata questione di legittimità sul calcolo

La Ctr Lazio chiede alla Corte di giustizia Ue di valutare la compatibilità della normativa italiana sul calcolo del pro rata Iva con quella di riferimento comunitaria.

Il pro-rata matematico

La questione pregiudiziale sottoposta riguarda il metodo del pro-rata matematico - d.P.R. 633/72 , artt. 19, 5° comma e 19/bis - che stabilisce la detrazione dell'Iva sugli acquisti sulla base del rapporto tra operazioni totali e operazioni esenti senza tener conto della effettiva quota di acquisti di beni e servizi destinati ad attività imponibile.

In sostanza si pone in evidenza che secondo le norme nazionali, ove il soggetto passivo eserciti contemporaneamente attività imponibili ed esenti, l'imposta detraibile è determinata forfettariamente, a prescindere dalla misura dell'effettiva utilizzazione dei beni e dei servizi in operazioni a valle imponibili, ovvero esenti.

In questa ipotesi, la detrazione dell'lva spetta in base ad una percentuale forfettaria ( cd. pro rata matematico) da applicare non solo all'lva relativa ai beni ed ai servizi utilizzati promiscuamente, ma a tutta l'imposta assolta sugli acquisti, con delle eccezioni.

Ad esempio nel calcolo del pro rata Iva non assumono rilevanza alcune specifiche operazioni esenti (tra cui, i finanziamenti infragruppo), quando non formano oggetto dell’attività propria del soggetto passivo, oppure risultano accessorie ad operazioni imponibili.

La questione sollevata sul calcolo del pro rata Iva

E' chiesto dalla Ctr Lazio, con l’ordinanza 353/22/2015, alla Corte “se, ai fini dell'esercizio del diritto di detrazione, ostino all'interpretazione degli artt. 168, 173, 174 e 175 della Direttiva n. 2006/112/CE, orientato secondo i principi di proporzionalità, effettività e neutralità, siccome individuati nel diritto comunitario”, la disciplina nazionale - articoli 19, comma 5, e 19-bis del Dpr 633/1972 - e la prassi dell’amministrazione finanziaria che obbligano al “riferimento alla composizione del volume d’affari dell’operatore, anche per l’individuazione delle operazioni cosiddette accessorie, senza prevedere un metodo di calcolo fondato sulla composizione e destinazione effettiva degli acquisti, e che rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese sostenute a ciascuna delle attività – tassate e non tassate – esercitate dal contribuente”.

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