Perde il posto il docente che intrattiene una relazione con l'alunna minore
Pubblicato il 26 ottobre 2022
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Confermata, dalla Corte di cassazione, la legittimità del provvedimento di destituzione e di esclusione dall'accesso futuro a qualsiasi forma di pubblico impiego disposto dal MIUR nei confronti di un docente, per aver intrattenuto una relazione sentimentale e sessuale con un'alunna minorenne.
La Corte territoriale aveva rigettato il motivo d'appello con il quale il professore aveva dedotto la mancanza di proporzionalità, ragionevolezza o congruità della sanzione disciplinare irrogatagli.
Le circostanze dallo stesso addotte a sostegno della pretesa tenuità degli addebiti - vale a dire il fatto che l'alunna avesse compiuto la maggiore età nello stesso anno scolastico, che la madre fosse consapevole della relazione, che la relazione fosse scaturita da un iniziale interessamento della minore, che quest'ultima fosse consenziente e ricambiasse i sentimenti del docente - non erano state ritenute idonee a suffragare la sua tesi difensiva.
Grave violazione dei doveri inerenti alla funzione educativa
Il disvalore delle condotte poste in essere emergeva in tutta la sua gravità considerando sia il ruolo di responsabilità e la funzione educativa assegnati al docente, sia il fatto che gli studenti a lui affidati attraversavano un'età obiettivamente critica sotto il profilo dello sviluppo della personalità e delle modalità di interazione sociale.
Instaurare una relazione sentimentale e sessuale con un'alunna, tanto più minorenne, significava venir meno in modo radicale ai doveri ed alle responsabilità insiti nel ruolo di docente e disvelava una totale incapacità di discernere la sfera professionale da quella personale e la sfera etica da quella sentimentale.
Il tutto, peraltro, si riverberava sul rapporto fiduciario con l'amministrazione scolastica, pregiudicato in modo irreparabile.
Non poteva, inoltre, sostenersi che i fatti fossero estranei alla sfera scolastica: la vicenda si era svolta nel corso dell'anno scolastico e l'appellante era professore nella classe cui apparteneva la studentessa.
In conclusione, le condotte erano oggettivamente inscindibili dal ruolo di docente e dai compiti formativi ed educativi e la sanzione espulsiva era, dunque, congrua e proporzionata alla gravità dei fatti commessi.
La valutazione operata dai giudici di merito è stata confermata, come detto, anche dalla Suprema corte, pronunciatasi, nella vicenda in esame, con sentenza n. 30955 de 25 ottobre 2022.
Per gli Ermellini, la Corte territoriale aveva correttamente operato un giudizio di sussunzione della condotta nell'ambito dell'uno o degli altri illeciti previsti dal Codice disciplinare applicabile, ritenendo integrata l'ipotesi di "atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti la funzione", prevista come illecito sanzionato con la destituzione.
Vi era, in tale caso, una violazione grave e diretta dei doveri inerenti la funzione atteso che la condotta addebitata era direttamente legata alla qualità di docente nella classe cui apparteneva l'alunna minorenne.
Il giudizio di proporzionalità, in tale contesto, era stato operato valorizzando:
- l'età minore della alunna;
- la durata della relazione;
- il fatto che essa fosse stata riallacciata dopo l'intervento della madre dell'allieva;
- la consumazione di rapporti sessuali.
Erano stati considerati, dunque, tanto l'oggettiva gravità della condotta che la volontarietà del comportamento del docente.
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