Licenziare costa caro senza giusta causa

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Con sentenza 13380 dell’8 giugno 2006, , Sezione lavoro, ha innanzitutto confermato che il licenziamento comporta sempre, a carico del datore, l’obbligo del preavviso o dell’indennità sostitutiva (secondo il principio generale di cui agli articoli 2118 e 2119 del Codice civile).

Per le imprese che impiegano fino a 15 dipendenti, la tutela al lavoratore licenziato senza giusta causa è obbligatoria e prevede l’alternativa della riassunzione o del versamento di un’indennità compresa tra le 2,5 e le 6 mensilità. Al di là di quella soglia, viceversa, la tutela è di natura reale, e prevede il reintegro con risarcimento o, di fronte alla rinuncia al riottenimento dell’impiego, un’indennità pari a 15 mesi di stipendio. Nell’area della tutela obbligatoria, come nel caso sottoposto alla Cassazione, il licenziamento, pur privo di giustificazione, estingue il rapporto di lavoro (la legge 604/66 sulla tutela obbligatoria apre la strada alla “riassunzione”, segno che è sopraggiunta la risoluzione del rapporto di lavoro).

Quando non vi è stata interruzione del rapporto di lavoro, l’indennità sostitutiva del preavviso non è cumulabile al reintegro. Se, di contro, l’interruzione c’è stata, dato il carattere puramente risarcitorio della tutela obbligatoria il diritto all’indennità sostitutiva nasce per la sola circostanza che il rapporto è risolto. In tal caso, l’indennità di cui alla legge 604/66 compensa i danni che derivano dalla mancanza della giusta causa e del giustificato motivo, mentre l’indennità sostitutiva del preavviso compensa la circostanza che il recesso, oltre che illegittimo, è stato intimato in tronco. Non v’è, in tale seconda ipotesi, alcuna compatibilità tra le due indennità.

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