Licenziamento ingiustificato, inapplicabile il doppio termine di ricorso per i dirigenti
Pubblicato il 21 gennaio 2020
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Nell’ipotesi di licenziamento ritenuto dal giudice “ingiustificato”, in caso di impugnazione dell’extrema ratio adottata dal datore di lavoro nei confronti di un lavoratore che ricopre la qualifica di dirigente, non opera il doppio termine di decadenza stragiudiziale (60 giorni) e giudiziale (ulteriori 180 giorni) introdotto dal cd. “Collegato Lavoro” (L. n. 183/2010). Tale regime, infatti, è riservato unicamente in caso di licenziamento giudicato “nullo” in base a quanto previsto dall’art. 18, co. 1, dello Statuto dei Lavoratori (L. n. 300/1970).
A questa conclusione giungono i giudici di legittimità, con la sentenza n. 395 del 13 gennaio 2020, stabilendo che l’espressione “invalidità”, utilizzata dal legislatore all’art. 32, co. 2 della L. n. 183/2010, si riferisce unicamente ai licenziamenti nulli che hanno come ripercussione la reintegrazione del lavoratore sul posto di lavoro.
Licenziamento ingiustificato, il “Collegato Lavoro”
Il “Collegato Lavoro” (L. n. 183/2010) all’art. 32, co. 2, ha esteso il doppio termine di impugnazione, previsto dall’art. 6 della L. n. 604/1966, “anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento”. Da qui nasce il dubbio se nella definizione di “invalidità” rientrassero anche le ipotesi di mera “ingiustificatezza” del licenziamento dei dirigenti.
Licenziamento ingiustificato, la sentenza
Al fine di far luce sulla questione, gli ermellini partono semplicemente dall’assunto che per il licenziamento “ingiustificato” non si applica la reintegrazione, bensì la tutela indennitaria. Per cui, non essendo prevista per legge la ricostituzione del rapporto lavorativo con il dirigente, la Corte di Cassazione ha stabilito che la casistica non rientri nel perimetro di “invalidità dei licenziamenti” per il quale opera il regime decadenziale del Collegato Lavoro.
Ciò deriva dal fatto che il riferimento all’invalidità dei licenziamenti deve essere inteso in senso restrittivo, con riferimento limitato alle ipotesi in cui dal vizio che affligge il recesso datoriale derivino:
- la possibile rimozione dei suoi effetti;
- la ricostituzione del vincolo contrattuale.
In altri termini, precisa la Suprema Corte, la nozione di “invalidità” – in base a quanto contenuto nel Collegato Lavoro – presuppone un atto datoriale “inidoneo ad acquisire pieno ed inattaccabile valore giuridico”, dalla cui sfera sono esclusi i licenziamenti ingiustificati dei dirigenti.
Diversamente, laddove il licenziamento del dirigente sia affetto da un vizio di nullità, ricadendo nella tutela reintegratoria, si applica il doppio termine di decadenza.
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