Le principali novità del collegato fiscale

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Le principali novità del collegato fiscale

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale (n. 301 del 24.12.2019) del D.L. 124/2019 (c.d. “collegato fiscale alla legge di bilancio 2020”) convertito in legge n. 157 del 19/12/2019, sono state previste numerose novità in materia fiscale. Nella disamina che segue si cerca di fornire un quadro di sintesi delle principali disposizioni.

1. Compensazione di crediti relativi a imposte dirette e IRAP

Obbligo di “preventiva” presentazione della dichiarazione per l’utilizzo in compensazione di crediti d’imposta  per importi superiori a 5.000 euro annui e platea “allargata” per l’obbligo di utilizzo dei sistemi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle Entrate ai fini della presentazione dei modelli F24 contenenti compensazioni. Sono queste alcune delle principali novità previste nell’ambito dell’articolo 3 del D.L. 124/2019 convertito, concernenti misure e strumenti di contrasto alle indebite compensazioni.

In primo luogo, il legislatore interviene sui presupposti per l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta emergenti dalle dichiarazioni relative alle imposte sui redditi e all’Irap “allineandoli” a quelli vigenti in materia di Iva. Conseguentemente, anche i crediti relativi alle imposte dirette (Irpef ed Ires) e relative addizionali, all’Irap ed alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi possono essere utilizzati in compensazione “orizzontale”, per importi superiori a 5.000 euro annui, solo a partire dal 10° giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito (in luogo del 1° gennaio dell’anno successivo a quello di maturazione del credito). Analogamente alle disposizioni in materia di Iva, la nuova misura non si applica alle compensazioni “verticali o interne” né tanto meno alle compensazioni “orizzontali” di crediti di imposta per importi pari o inferiori a 5.000 euro annui: per queste ultime restano valide, quindi, le disposizioni vigenti.

Sul punto, nell’ambito della risoluzione 110/E del 31/12/2019 è stato precisato che:

· il suddetto obbligo sussiste “solo nel caso in cui il credito utilizzato in compensazione relativo a un certo periodo d’imposta (anno di riferimento), anche tenendo conto di quanto fruito nei modelli F24 già acquisiti, risulti di importo complessivamente superiore a 5 mila euro annui”;  

· ai fini della verifica del superamento del limite di 5 mila euro annui “..sono considerate solo le compensazioni dei crediti che necessariamente devono essere esposte nel modello F24”.

Inoltre, nello stesso documento di prassi sono stati indicati i “codici tributo” dei debiti che possono essere estinti tramite compensazione con crediti “pregressi” afferenti alla medesima imposta, senza che la compensazione concorra al raggiungimento del limite di 5.000 euro.

Sul piano temporale, l’articolo 3, comma 3 del D.L. 124/2019 dispone che le novità si applicano “ai crediti maturati a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019 (ossia quelli emergenti dalla dichiarazione 2020); conseguentemente – si legge nella relazione illustrativa - nel primo anno di applicazione delle nuove disposizioni (il 2020), a differenza del 2019, i suddetti crediti d’imposta, salvo quelli maturati in qualità di sostituto d’imposta, potranno essere utilizzati in compensazione solo dal 10° giorno successivo la presentazione della relativa dichiarazione; dunque, a partire dal mese di maggio.

Al riguardo, il CNDCEC - nel comunicato stampa del 10.10.2019 – ha evidenziato che “l’ipotesi di differimento della compensabilità dei crediti Irpef, Ires e Irap fino a dopo la presentazione delle relative dichiarazioni per la parte eccedente i 5.000 euro….rischia di trasformarsi in un prestito forzoso a carico del settore privato dell'economia. Pertanto, al fine di evitare tale rischio “sarà assolutamente necessario garantire la possibilità di presentazione delle dichiarazioni almeno dalla fine del mese di febbraio, come avviene per l'Iva, altrimenti le compensazioni resteranno bloccate fino all'autunno, con effetti evidentemente inaccettabili e dannosi sia per i professionisti che per le imprese”. Eventualità che, allo stato attuale, si ritiene difficilmente percorribile.

Occorre, infine, rammentare che – sempre nella risoluzione 10/E/2019 - è stato precisato che le nuove disposizioni non si applicano ai crediti maturati in relazione al periodo d’imposta 2018 per imposte sui redditi e relative addizionali, imposte sostitutive e IRAP. In particolare, i crediti del periodo d’imposta 2018 potranno essere compensati, senza l’obbligo di preventiva presentazione della relativa dichiarazione, fino alla scadenza del termine di presentazione della dichiarazione del periodo d’imposta 2019, all’interno della quale gli eventuali crediti residui del periodo d’imposta precedente dovranno essere “rigenerati”.

 

Compensazione crediti maturati dal periodo d’imposta 2019 relativi a

imposte sui redditi e IRAP (comprese addizionali e imposte sostitutive)

Importi fino a 5.000 euro

Compensazione dal primo giorno del periodo d’imposta successivo a quello di maturazione del credito

Importi superiori a 5.000 euro

· obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione da cui emerge il credito;

· compensazione dal 10° giorno successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui emerge il credito, munita di visto di conformità o sottoscrizione alternativa (salvo esonero a seguito di applicazione del regime premiale ISA)

 

Ulteriore novità, come anticipato, ha riguardato l’estensione a “tutti” i contribuenti dell’obbligo di presentare il modello F24 contenente compensazioni esclusivamente attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate. Modificando l'articolo 37, comma 49-bis del D.L. n. 223/2006, infatti, viene esteso anche ai soggetti non titolari di partita Iva (ad esempio Enti non commerciali) l’obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate per la presentazione di modelli F24 contenenti compensazioni “orizzontali” di crediti relativi alle imposte sui redditi ed alle relative addizionali, alle imposte sostitutive e all’Irap nonché crediti d’imposta da indicare nel quadro RU del modello redditi.

Per la presentazione delle deleghe di pagamento contenenti compensazioni diventa, quindi, un obbligo “generalizzato” l’utilizzo dei sistemi telematici delle Entrate (in passato tale obbligo - per i contribuenti non titolari di partita Iva - era previsto solo per gli F24 “a saldo zero” e per particolari crediti d’imposta agevolativi). L’obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate è stato esteso anche alla compensazione dei crediti tipici dei “sostituti d’imposta” (ad esempio, quelli finalizzati al recupero delle eccedenze di versamento delle ritenute, del “bonus 80 euro” e dei rimborsi da assistenza fiscale erogati ai dipendenti e pensionati), a prescindere dal possesso della partita Iva.

Pertanto, come evidenziato nella relazione illustrativa al decreto, detta misura consente di effettuare un “riscontro preventivo dei dati attestanti l’esistenza del credito prima che questo venga utilizzato in compensazione per il pagamento di altri tributi o contributi e, eventualmente, di scartare le deleghe di pagamento nel caso in cui contengano compensazioni di crediti, salvi quelli maturati in qualità di sostituto d’imposta, che non risultano dalle dichiarazioni presentate oppure che risultano da dichiarazioni non dotate del visto di conformità”. Viene, così, superato il precedente orientamento di prassi (risoluzione 68/E/2017) con il quale si escludevano dall’obbligo di utilizzo dei sistemi telematici delle Entrate le compensazioni di crediti rimborsati dai sostituti d’imposta. Resta ferma, tuttavia, l’esclusione dall’obbligo di utilizzo dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (anche per i soggetti non titolari di partita Iva) degli F24 contenenti compensazioni tra crediti e debiti della stessa imposta (cd. compensazioni “verticali”). Così, ad esempio, se nello stesso modello F24 è utilizzato in compensazione il credito identificato dal codice 2003 (saldo IRES) per l’importo di 6.000 euro e – aggiungendo 1.000 euro di fondi propri – viene effettuato il pagamento dell’acconto IRES di 7.000 euro per il periodo d’imposta successivo (codici tributo 2001 e 2002), l’operazione potrà essere eseguita anche attraverso i servizi telematici offerti da banche, Poste e altri prestatori di servizi di pagamento. Ciò detto, si ricorda che nella risoluzione 110/E/2019 viene precisato quanto segue:

· tutti i contribuenti e sostituti d’imposta sono ora tenuti a presentare il modello F24 attraverso i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate, qualora lo stesso esponga la compensazione dei crediti identificati dai codici riportati nella tabella allegata alla risoluzione;

· l’obbligo di utilizzare i servizi telematici dell’Agenzia non sussiste qualora l’esposizione del credito nel modello F24 rappresenti una “mera modalità alternativa allo scomputo diretto del credito medesimo dal debito d’imposta pagato nello stesso modello F24”.

· a prescindere dalla tipologia di compensazione effettuata, resta fermo l’obbligo di presentare il modello F24 “a saldo zero” esclusivamente attraverso i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia.

Sul piano temporale, l’articolo 3, comma 3 del D.L. 124/2019 prevede che anche le novità relative l’utilizzo generalizzato dei servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate si applichino “ai crediti maturati a decorrere dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2019” (ossia quelli emergenti dalla dichiarazione 2020); la decorrenza appare più complicata, invece, in caso di crediti “infrannuali” maturati nell’anno di imposta 2019 (è il caso, ad esempio, dei crediti relativi al “bonus Renzi”): in attesa di chiarimenti al riguardo, e tenuto conto delle disposizione dello statuto del contribuente, pare potersi sostenere che l’obbligo in esame per i crediti infrannuali decorra dal 27 dicembre 2019.

Presentazione modello F24 - crediti maturati dal periodo d’imposta 2019

Casi

Soggetti titolati partita Iva

Soggetti non titolati partita Iva

F24 con saldo a “debito”

senza compensazioni

· servizi telematici Agenzia delle Entrate;

· servizi messi a disposizione da banche, poste, ecc..;

· servizi telematici Agenzia Entrate;

· servizi messi a disposizione da banche, poste, ecc.;

· possibilità modello F24 cartaceo.

F24 con compensazioni

e saldo a “debito”

 

Obbligo di utilizzo dei servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate (F24 on line, F24 web o F24 cumulativo)

F24 a saldo zero

Crediti d’imposta agevolazioni


Controllo preventivo delle compensazioni

Sempre allo scopo di rafforzare le misure di contrasto alle indebite compensazioni, è stata introdotta una specifica disciplina sanzionatoria (il “comma 49-quater” all’articolo 37 del D.L. 223/2006) “da applicare nei casi in cui venga individuato il tentativo di compensare crediti non utilizzabili”. A tal fine, si rammenta che - a norma dell’articolo 37, comma 49-ter del D.L. 223/2006 - l’Agenzia delle Entrate può sospendere, per 30 giorni, il modello F24 con intento di verificare se sussistano “profili di rischio” in relazione alle compensazioni.

Pertanto, se a seguito della suddetta attività di controllo, i crediti indicati nelle deleghe di pagamento si rivelano (in tutto o in parte) “non utilizzabili” in compensazione, l'Agenzia delle Entrate ne dà pronta comunicazione telematica (entro 30 giorni) al soggetto che ha trasmesso la delega stessa e, nel contempo, irroga una sanzione - per “ciascun” F24 scartato - “proporzionale” (pari al 5% dell'importo) nel caso trattasi di importi fino a 5.000 euro ovvero “fissa” (pari a 250 euro) in presenza di importi superiori a 5.000 euro. L’applicazione di detta disposizione sanzionatoria - che viene inflitta al “contribuente”, non all’intermediario abilitato - decorre dalle deleghe di pagamento presentate dal mese di marzo 2020.

Viene, poi, esplicitamente esclusa la possibilità di applicare le disposizioni in materia di cumulo giuridico e continuazione di cui all’articolo 12 del Dlgs. 472/1997. Qualora a seguito della comunicazione il contribuente, entro i 30 successivi al ricevimento della stessa, rilevi eventuali “elementi non considerati o valutati erroneamente”, può fornire i chiarimenti necessari all'Agenzia delle entrate.

L'iscrizione a “ruolo” a titolo definitivo della suddetta sanzione viene meno se il contribuente provvede a pagare la somma dovuta (quindi la sanzione, o le sanzioni in caso di pluralità di violazioni) entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione. Procedura questa (sanzione “piena” se il versamento avviene nei 30 giorni) che appare più penalizzante rispetto al classico “avviso bonario”. Sul piano temporale, si osserva che l'agente della riscossione “notifica” la cartella di pagamento al debitore iscritto a ruolo entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della delega di pagamento. Vengono, tuttavia, demandate ad un apposito provvedimento dell’Agenzia delle Entrate le relative disposizioni di attuazione.

2. Ritenute e compensazioni in appalti e subappalti

La norma volta a contrastare le violazioni degli obblighi di versamento delle ritenute fiscali nel settore degli appalti e subappalti è stata interamente “riscritta” in sede di conversione del decreto legge. Nella nuova versione della disposizione in esame (che decorre dal 1° gennaio 2020) il legislatore ha provveduto:

a) a circoscrivere l’ambito di applicazione del meccanismo ai contratti riguardanti l’esecuzione di opere/servizi di importo annuo superiore a 200 mila euro;

b) ad una modifica del meccanismo applicativo, affidando ora al committente l’obbligo di controllo dei versamenti delle ritenute fiscali operate sui redditi dei lavoratori impiegati nell’opera/servizio che resta, tuttavia, un adempimento cui sono tenute le imprese fornitrici.

Conseguentemente - alla luce delle novità apportate in sede di conversione - nei casi in cui un committente affidi ad altra impresa (tramite “contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziati comunque denominati, caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera, presso le sedi di attività del committente con l'utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest'ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma”) l'esecuzione di una o più opere o di uno o più servizi, di importo complessivo annuo “superiore” a 200.000 euro, è tenuto a “richiedere” all'impresa appaltatrice o affidataria e alle imprese subappaltatrici “copia” delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute alla fonte operate sui redditi di lavoro corrisposti ai dipendenti e ai collaboratori assimilati direttamente impiegati nell'esecuzione dell'opera/servizio. Il versamento delle ritenute è effettuato dall'impresa appaltatrice o affidataria e dall'impresa subappaltatrice, con “distinti” F24 per ciascun committente, senza possibilità di compensazione (in deroga all’articolo 17 del DLgs.241/1997).

Sul piano soggettivo, la norma si applica al committente (“sostituto di imposta” residente) che affida il compimento di una o più opere o servizi: è chiaro che sono esclusi dalla disciplina in esame i committenti che non rientrano nella definizione di sostituti d’imposta di cui all’articolo 23 del DPR 600/1973.

Sul piano oggettivo, si rammenta che l'applicazione di dette disposizioni è “limitata” alle opere e ai servizi caratterizzati dal prevalente utilizzo di manodopera – in contesti c.d. labour intensive - presso le sedi di attività del committente, con l'utilizzo di beni strumentali di sua proprietà, o comunque a lui riconducibili, e per un importo complessivo che superi la soglia di 200.000 euro annui.

E’ chiaro che sui concetti di “prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente” ed “utilizzo di beni strumentali di proprietà” del committente “o ad esso riconducibili in qualunque forma” si concentrano i maggiori dubbi applicativi della nuova disposizione. Mentre, per quanto riguarda le tipologie contrattuali, la norma richiama espressamente i contratti di appalto, subappalto, affidamento di lavori e con la locuzione “rapporti negoziali comunque denominati” sembra “aprire” anche ad ogni altra fattispecie contrattuale purché siano rispettate le altre condizioni previste. Riguardo il limite dei 200.000 euro, nel corso del Forum dei commercialisti di Milano è stato precisato dai funzionari delle Entrate che “qualora il committente affidi il compimento di più opere e servizi alla stessa impresa con diversi contratti di appalto, subappalto, affidamento….il limite di 200 mila euro si ritiene riferito alla somma dell' importo annuo dei singoli contratti. Nell' ipotesi in cui la somma dei contratti …sia, complessivamente, superiore a 200 mila euro annui, la norma va applicata in relazione a tutti i contratti concessi e ancora in essere al momento del superamento della soglia” (da articolo del quotidiano “Italia Oggi” del 14 gennaio 2020).

Operativamente, il nuovo articolo 17-bis del Dlgs.241/97 ha previsto specifici obblighi di trasmissione per le ditte appaltatrici (affidatarie o subappaltatrici) al fine di consentire al “committente” di adempiere all’obbligo del riscontro dell'ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese.

In particolare, l’impresa appaltatrice o affidataria e le imprese subappaltatrici trasmettono al committente e, per le imprese subappaltatrici anche all'impresa appaltatrice, entro i 5 giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento delle ritenute:

· gli F24 di versamento delle ritenute fiscali;

· un “elenco” nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell'esecuzione di opere o servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell'opera o del servizio affidato;

· l'ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata alla prestazione;

· il dettaglio delle ritenute eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.

 

Stante l’obbligo di trasmettere al committente l’elenco nominativo di tutti i lavoratori unitamente ad ulteriori informazioni, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che:

· la quantificazione dei versamenti distinti per ciascun committente (quindi della retribuzione corrisposta al dipendente in esecuzione della specifica opera o servizio affidatogli e, conseguentemente, della relativa ritenuta operata), va effettuata “sulla base di parametri oggettivi come ad esempio sulla base del numero di ore impiegate in esecuzione della specifica commessa” (risoluzione 108/E/2019);

· i versamenti delle ritenute “sono effettuati dall'impresa cumulativamente per le ritenute dovute in relazione a tutti i lavoratori impiegati presso uno stesso committente” (risoluzione 109/E/2019).

Pertanto, come precisato nel Forum dei commercialisti di Milano, non è necessario compilare un modello F24 per ciascun lavoratore, se i lavoratori risultano impiegati presso lo stesso committente. Potrà essere compilato un solo F24 per ciascun committente indicando il codice fiscale dello stesso unitamente al codice identificativo «09», da riportare nel campo «codice identificativo» dello stesso modello F24.

 

E’ previsto, altresì, in capo al committente, l’obbligo di “sospendere” il pagamento dei corrispettivi maturati dall'impresa appaltatrice/affidataria, alternativamente, nel caso:

a) di mancato adempimento degli obblighi di trasmissione delle informazioni necessarie per consentire al committente il riscontro dell'ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese;

b) di omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali.

In particolare, la nuova disposizione prevede che nel caso in cui - entro i 5 giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento delle ritenute - sia maturato il diritto a ricevere “corrispettivi” dall'impresa appaltatrice o affidataria e questa o le imprese subappaltatrici non abbiano ottemperato all'obbligo di trasmettere al committente le deleghe di pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati ovvero risulti l'omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, il “committente” deve sospendere - finché perdura l'inadempimento - il pagamento dei corrispettivi maturati dall'impresa appaltatrice o affidataria sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell'opera o del servizio ovvero per un importo pari all'ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa. Di tale situazione il committente dà comunicazione entro 90 giorni all'Ufficio dell'Agenzia delle entrate territorialmente competente (il termine di 90 giorni consente all’impresa appaltatrice, affidataria o subappaltatrice di avvalersi del ravvedimento operoso per rimediare alla violazione commessa). In presenza di dette casistiche, è preclusa all'impresa appaltatrice o affidataria ogni azione esecutiva finalizzata al soddisfacimento del credito il cui pagamento è stato sospeso, fino a quando non sia stato eseguito il versamento delle ritenute.

 

Ulteriore novità rispetto alla versione originaria investe l’aspetto “sanzionatorio”: per il mancato adempimento dei suddetti obblighi è ora previsto che il “committente” sia obbligato al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all'impresa appaltatrice o affidataria o subappaltatrice per la corretta determinazione delle ritenute e per la corretta esecuzione delle stesse nonché per il tempestivo versamento, senza possibilità di compensazione. Si tratta di una “sorta di responsabilità solidale” in relazione all’obbligo di controllo posto a carico del committente (così come da circ. Confindustria del 13.12.2019).

Infine, in “deroga” alla disciplina in esame, resta ferma la possibilità per le imprese appaltatrici e subappaltatrici o affidatarie di procedere “autonomamente” al versamento delle ritenute. In pratica, gli obblighi introdotti dal nuovo articolo 17-bis vengono meno nel caso in cui le imprese appaltatrici o affidatarie, o subappaltatrici, comunichino al committente, allegando la relativa “certificazione”, la sussistenza nell'ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista (pari a 5 giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento) dei seguenti requisiti (che devono sussistere “congiuntamente”):

· essere in attività da almeno tre anni, in regola con gli obblighi dichiarativi, e aver eseguito nel corso dei periodi d'imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell'ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime (dagli ultimi chiarimenti informali dell’Agenzia sembra trattarsi di qualunque somma versata con F24; quindi: imposte sul redditi, iva, ritenute e contributi);

· non avere iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all'Irap, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori a 50.000 euro per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione. Tali disposizioni non si applicano per le somme oggetto di piani di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza.

 

La certificazione in esame è messa a disposizione delle singole imprese dall'Agenzia delle entrate ed ha validità di 4 mesi dalla data del rilascio. E’, tuttavia, demandata ad un apposito provvedimento la definizione di ulteriori criteri di trasmissione telematica delle informazioni previste con modalità semplificate di riscontro dei dati. Infine, per le imprese appaltatrici/affidatarie/subappaltatrici è esclusa la facoltà di avvalersi della “compensazione” quale modalità di estinzione delle obbligazioni relative ai contributi previdenziali (Inps o altri enti) ed ai premi Inail maturati - nel corso della durata del contratto - sulle retribuzioni erogate al personale direttamente impiegato nell'esecuzione delle opere o dei servizi affidati. Detta disposizione non si applica alle imprese appaltatrici e subappaltatrici o affidatarie che presentano i requisiti previsti per potere procedere autonomamente al versamento delle ritenute. Per quanto concerne, infine, la decorrenza delle nuove disposizioni, nella risoluzione 108/E/2019 è stato precisato che la previsione normativa trova applicazione con riferimento alle ritenute operate a decorrere dal mese di gennaio 2020 (relativamente, pertanto, ai versamenti eseguiti nel mese di febbraio 2020), anche con riguardo ai contratti di appalto, affidamento o subappalto stipulati in un momento antecedente al 1° gennaio 2020.

 

Vietato il pagamento del debito accollato mediante compensazione di crediti vantati dall’accollante nei confronti dell’Erario. La nuova disposizione, pertanto, va a completare il quadro normativo di cui all’articolo 8 della Legge n. 212/2000, accogliendo l’indicazione fornita dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate nell’ambito della risoluzione 140/E/2017. In particolare, il decreto fiscale stabilisce ora che - ferma restando la possibilità di accollo e di versamento secondo le modalità imposte da specifiche disposizioni di legge - onde prevenire comportamenti fraudolenti, per il pagamento del debito tributario non è consentita la spendita di alcun credito dell’accollante, compresa qualunque forma di compensazione. Viene, così, espressamente vietato l’utilizzo della compensazione in caso di pagamento conseguente ad accollo di un debito d’imposta altrui. Riguardo l’aspetto “sanzionatorio” viene, altresì, disposto che laddove i versamenti siano eseguiti in violazione delle suddette disposizioni, gli stessi si considerano come “non avvenuti” a tutti gli effetti di legge, generando le conseguenti sanzioni (articolo 13 del Dlgs. 471/97) in capo ai soggetti coinvolti. Occorre, a tal fine, distinguere la posizione dell’accollato da quella dell’accollante:

a) in capo all’accollante sono comminate le sanzioni pari al 30% del credito, se il credito indebitamente compensato è esistente, ovvero dal 100% al 200% dell’importo, ove il credito sia inesistente (articolo 13, commi 4 o 5, del Dlgs. 471/1997);

b) in capo all’accollato è comminata una sanzione pari al 30% del dovuto di cui all’articolo 13, comma 1, del Dlgs.471/1997, oltre al recupero dell’imposta non versata e dei relativi interessi.

Per l’imposta e gli interessi, l’accollante è coobbligato in solido con l’accollato. Si segnala, infine, che gli “atti di recupero” del credito indebitamente utilizzato (comprensivi di sanzioni, imposta non versata e relativi interessi) dovranno essere notificati - a pena di decadenza - entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello della presentazione della delega di pagamento. Sarà, comunque, un apposito provvedimento a definire le modalità tecniche di attuazione della nuova norma.

3. Divieto di compensazione a seguito di cessazione partita Iva

Tre nuovi commi (2-quater, 2-quinquies e 2-sexies) all’articolo 17 del Dlgs. 241/1997 per “escludere” i soggetti destinatari di un provvedimento di cessazione della partita Iva ovvero di un provvedimento di esclusione dalla banca Vies dalla possibilità di avvalersi della compensazione “orizzontale” dei crediti.

Si rammenta, infatti, che l’Agenzia delle Entrate:

· effettua, nei confronti dei titolari di partita Iva, riscontri e controlli (formali e sostanziali) sull’esattezza e completezza dei dati forniti da tali soggetti per la loro identificazione ai fini Iva, applicando criteri di valutazione del rischio mirati, prevalentemente, ad individuare soggetti privi dei requisiti soggettivi e/o oggettivi Iva previsti dall’articolo 35, comma 15-bis del DPR 633/1972;

· nel caso in cui, dai controlli venga constatato che il contribuente, sebbene in possesso dei requisiti soggettivi ed oggettivi previsti, abbia comunque consapevolmente effettuato operazioni intracomunitarie in un contesto di frode Iva, valutata la gravità del comportamento, può notificare un provvedimento di esclusione dell’operatore dalla banca dati Vies rendendo invalida la partita Iva nel sistema elettronico di cui all’articolo 17 del Regolamento (UE) n. 904/2010.

 

Per una panoramica sui controlli e l’analisi del rischio sui soggetti titolari di partita Iva si rimanda alle indicazioni del Provvedimento del 12/06/2017. Ciò premesso, la nuova disposizione normativa – in vigore dallo scorso 27.10.2019 (in quanto manca una espressa indicazione di decorrenza) - stabilisce che, ai soggetti destinatari di un provvedimento di “cessazione” della partita Iva, è inibita la possibilità di utilizzare i crediti in compensazione nel modello F24 (con altre imposte o contributi), a prescindere dalla loro tipologia e dall’importo, anche qualora non siano maturati con riferimento all’attività esercitata con la partita Iva oggetto del provvedimento. Tale esclusione rimane in vigore fino a quando la partita Iva risulta cessata ovvero fino a quando permangono le circostanze che hanno determinato l’emissione del provvedimento. Nella relazione al decreto si evidenzia che i suddetti crediti potranno essere oggetto solo della richiesta di rimborso ovvero essere riportati quale “eccedenza pregressa” nella dichiarazione successiva. Allo stesso modo, i soggetti passivi che effettuano operazioni intracomunitarie a cui sia stato notificato il provvedimento di esclusione della partita Iva dalla banca dati Vies non possono avvalersi della compensazione dei crediti Iva. In quest’ultimo caso, quindi, il divieto di compensazione “orizzontale”, a partire dalla data di notifica del provvedimento, è circoscritto ai soli crediti Iva. L’esclusione rimane in vigore fino a quando non siano rimosse le “irregolarità” che hanno generato l’emissione del provvedimento di esclusione dal Vies.

Sul punto, nel Forum dei commercialisti di Milano è stato precisato dai funzionari dell’Agenzia che la «riabilitazione» all'effettuazione delle compensazioni orizzontali di crediti Iva è direttamente connessa alla rimozione delle irregolarità che hanno generato l'emissione del provvedimento di esclusione secondo le modalità descritte nel Provvedimento del 12 giugno 2017 n. 110418 (da articolo Italia Oggi del 14.01.2020).

Resta fermo che, qualora il contribuente proceda ugualmente all’utilizzo in compensazione dei crediti, in violazione di quanto sopra previsto, il modello F24 è “scartato” e comunicato tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate al soggetto che ha trasmesso l’F24, mediante apposita ricevuta. Si ricorda che tutti i pagamenti e le compensazioni contenuti nel modello F24 scartato si considerano non eseguiti.

4. Compensazione crediti commerciali verso PA con cartelle esattoriali

In sede di conversione del DL è stata introdotta una disposizione che “estende” al 2019 e 2020 la possibilità – per imprese e lavoratori autonomi – di utilizzare in “compensazione”, i crediti commerciali e professionali:

· maturati nei confronti della pubblica amministrazione;

· “non prescritti, certi, liquidi ed esigibili”, certificati dall’ente debitore secondo le modalità vigenti;

· relativi a somministrazione, forniture, appalti e servizi, anche professionali;

con le somme dovute a seguito di iscrizione a ruolo o derivanti da atti esecutivi affidati agli Agenti della riscossione entro il 31 ottobre 2019 (ove la somma iscritta a ruolo sia inferiore o pari al credito vantato).

Con le modifiche in esame, quindi, si estende al periodo compreso dal 25.12.2019 (data di entrata in vigore della L. 157/2019) al 31.12.2020, l’applicazione delle disposizioni in materia di compensazione contenute nell’articolo 12, comma 7-bis del D.L. 145/2013, con riferimento ai carichi affidati agli Agenti della riscossione entro il 31 ottobre 2019. Analogamente alla precedente proroga, anche per l’applicazione al 2019 e 2020 non è richiesto un ulteriore decreto di attuazione ma si rinvia a quanto già previsto nel DM 24.09.2014, e, pertanto, le stesse sono da ritenersi immediatamente operative.

5. Novità in materia di Iva

Numerose anche le novità Iva previste nell’ambito del decreto che accompagna la legge di bilancio. In primo luogo, si introduce una nuova fattispecie di reverse charge mediante l’inserimento della lettera a-quinquies) all’articolo 17, comma 6, del DPR 633/1972. Nello specifico, si estende il concetto di “inversione contabile” alle prestazioni effettuate mediante contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati, che vengano svolti con il prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà del committente o ad esso riconducibili. La nuova norma, quindi – si legge nella relazione al decreto - aggiunge le prestazioni d'opera alle operazioni per cui è già prevista l’applicazione dell’inversione contabile, quali le prestazioni di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento degli edifici, i subappalti in edilizia. Ne consegue che le prestazioni d'opera soggette ad Iva sono fatturate dalle imprese senza l’applicazione dell’Iva e, di conseguenza, il committente integra la fattura dell’imposta secondo l’aliquota prevista per la prestazione, imputandola a debito e, quindi, portandola in detrazione se spettante. Di converso, restano escluse dall’applicazione del meccanismo di inversione contabile le operazioni effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri enti e società soggetti al regime dello split payment nonché alle agenzie per il lavoro disciplinate dal Dlgs. 276/2003. Sul piano temporale, viene precisato che l'efficacia delle nuove disposizioni è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell'Unione europea, dell'autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell'articolo 395 della direttiva 2006/112/CE.

Altro aspetto degno di nota, che ha creato non poche discussioni, è la disposizione che ha stabilito l’imponibilità Iva per le prestazioni relative l’insegnamento nelle scuole guida. Viene, infatti, circoscritto il perimetro delle prestazioni didattiche esenti Iva non facendo ricadere in tale perimetro l'insegnamento finalizzato a conseguire le patenti di guida delle categorie B e C1. La modifica è stata necessaria per adeguare l’ordinamento interno a quello comunitario a seguito della recente sentenza della Corte di giustizia UE 14 marzo 2019, C-449/17, che ha chiarito la corretta interpretazione dell'articolo 132 paragrafo 1, lettere i) e j), della direttiva 2006/112/CE relativa alle esenzioni Iva. Sul punto, si era da subito espressa l’Agenzia delle Entrate (con la risoluzione 79/E/2019) fornendo indicazioni operative volte a tener conto del pronunciamento della Corte. Successivamente, in audizione alla Camera, i rappresentanti della Confederazione autoscuole riunite (Confarca) e l'Unione nazionale autoscuole (Unasca) hanno chiesto una rettifica alle indicazioni della risoluzione dell'Agenzia ovvero l’adozione di un provvedimento legislativo che tenesse conto della portata di tale intervento sul settore. In sede di conversione del decreto è stato così escluso dal novero delle prestazioni esenti (e risultano, quindi, imponibili Iva) il solo insegnamento della guida automobilistica ai fini dell'ottenimento delle patenti di guida per i veicoli delle categorie B e C1. Rimane, invece, ferma l'esenzione Iva per le altre categorie di patenti di guida: queste – come specificato nella relazione illustrativa - possono rientrare nella nozione di formazione professionale esente da Iva in quanto ordinariamente preordinate all’esercizio di una attività professionale. Allo stesso modo, rimane impregiudicata l'esenzione Iva delle prestazioni educative dell'infanzia e della gioventù, le prestazioni per la formazione, l'aggiornamento, la riqualificazione e riconversione professionale, comprese le prestazioni relative all'alloggio, al vitto e alla fornitura di libri e materiali didattici, nonché le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale. Sul punto, nel corso del Forum dei commercialisti di Milano è stato precisato che “i corsi per l'ottenimento delle patenti differenti dalle categorie A e B potranno essere riconducibili alla «formazione professionale», intesa come attività volta all'acquisizione di conoscenze e competenze utilizzate esclusivamente o principalmente ai fini dell'attività professionale. Coerentemente con le conclusioni dell'Avvocato generale relative alla sentenza 14 marzo 2019, C-449/17, punti 42-43, i predetti corsi potranno beneficiare dell'esenzione solo qualora costituiscano parte integrante di una formazione professionale”.

Sono, tuttavia, fatti salvi i comportamenti “difformi” adottati dai contribuenti anteriormente al 1° gennaio 2020, per effetto della sentenza Corte di Giustizia UE.

Nell’ambito della disposizione dell’articolo 32 del D.L. 124/2019 viene, altresì, soppressa la lettera q) dell'articolo 2, del D.P.R. 696/1996, lettera che esonera le prestazioni didattiche, finalizzate al conseguimento della patente, rese dalle autoscuole, dall'obbligo di certificazione fiscale dei corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi. Per tali prestazioni didattiche le autoscuole:

· sono tenute alla memorizzazione e trasmissione telematica dei dati dei corrispettivi giornalieri;

· possono, fino al 30 giugno 2020, documentare i corrispettivi mediante il rilascio della ricevuta fiscale ovvero dello scontrino fiscale, con l'osservanza delle relative discipline.

Un cenno merita anche la disposizione concernente l’imposta di bollo sulle fatture elettroniche.

Nell’ambito dell’articolo 17 del D.L. 124/2019 convertito è stata prevista una specifica procedura di comunicazione tra Amministrazione e contribuente per individuare il “quantum” dovuto nel caso di ritardato, omesso o insufficiente versamento della suddetta imposta di bollo. Pertanto, l’Agenzia delle entrate dovrà comunicare al contribuente, con modalità telematiche, l’ammontare dell’imposta, della sanzione amministrativa (di cui all’articolo 13 del Dlgs. 471/1997) ridotta a un terzo e degli interessi (calcolati fino all'ultimo giorno del mese antecedente a quello dell'elaborazione della comunicazione).

Laddove il contribuente non provvede al pagamento (in tutto o in parte) delle somme dovute entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate procede all’iscrizione a ruolo a titolo definitivo. In sede di conversione è stato, altresì, stabilito che, nel caso in cui gli importi dovuti non superino la soglia annua di 1.000 euro, l’obbligo di versamento dell’imposta di bollo sulle fatture elettroniche può essere assolto con due versamenti aventi cadenza semestrale, di cui il primo da effettuarsi entro il 16 giugno e il secondo entro il 16 dicembre di ciascun anno.

Infine, si evidenzia che l’articolo 15 al decreto in esame “estende” al periodo d’imposta 2020 (analogamente al 2019) l’esonero dall’obbligo di fatturazione elettronica ai soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema Tessera sanitaria (ai fini dell’elaborazione della dichiarazione precompilata) nonché ai soggetti che pur non tenuti all’invio dei dati al Sistema TS emettono fatture comunque relative a prestazioni sanitarie effettuate nei confronti delle persone fisiche. Inoltre, a decorrere dal 1° luglio 2020, i soggetti tenuti all’invio dei dati al Sistema TS sono tenuti ad assolvere l’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati relativi a tutti i corrispettivi giornalieri ai fini Iva (obblighi di registrazione di cui all’articolo 24, comma 1, del DPR 633/72) mediante l’invio dei corrispettivi giornalieri al Sistema TS. La norma specifica che la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei dati sono effettuate mediante strumenti tecnologici che garantiscono l'inalterabilità e la sicurezza dei dati.

6. Tassazione dei dividenti percepiti da società semplici

Regime fiscale dei dividendi corrisposti alle società semplici “agganciato” alla tassazione “per trasparenza” in capo ai soci. Conseguentemente, il regime fiscale applicabile a tali dividendi segue la “natura giuridica” dei soci stessi “variando” a seconda che si tratti di persone fisiche, titolari di reddito d’impresa e soggetti IRES. Con la disposizione in esame, quindi, si prevede un trattamento fiscale “differenziato” degli utili che sono distribuiti alle società semplici, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione - anche per somme o beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale - dalle società ed agli enti IRES residenti in Italia (di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c) del TUIR), secondo la provenienza. In particolare:

· per la quota di dividendi imputabile ai soggetti IRES, i dividendi corrisposti alla società semplice sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo per il 95% del loro ammontare;

· per la quota imputabile alle imprese individuali ed alle società d persone, i dividendi corrisposti alle società semplici sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo, nella misura del 41,86% del loro ammontare, nell'esercizio in cui sono percepiti;

· per la quota imputabile alle persone fisiche residenti in relazione a partecipazioni, qualificate e non qualificate, non relative all’impresa (articolo 65 del TUIR) i dividendi sono soggetti a tassazione con applicazione di una ritenuta d’imposta, nella misura del 26%.

In sostanza le norme in esame, applicando il principio di trasparenza fiscale, chiariscono che il trattamento dei dividendi corrisposti alle società semplici segue le regole che derivano dalla natura giuridica dei soci. Riguardo l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta del 26% viene chiarito che questa deve essere operata dalle società e dagli enti commerciali residenti “sulla base delle informazioni fornite dalla società semplice”. Sugli utili derivanti dalle azioni e dagli strumenti finanziari similari alle azioni, immessi nel sistema di deposito accentrato gestito dalla società di gestione accentrata, la natura del prelievo è quella di imposta sostitutiva al 26 % alle medesime condizioni. Sul piano temporale, occorre sottolineare che la norma in esame non presenta una decorrenza espressa né viene data indicazione sull’applicazione del regime transitorio di cui all’articolo 1, comma 10006 della L. 205/2017: si attendo, quindi, sul punto chiarimenti ufficiali.


 

Ulteriori importanti novità del decreto fiscale – in sintesi

Riduzione limite contanti

E' stato previsto il progressivo “abbassamento” del limite previsto, secondo una logica “transitoria” spalmata sul prossimo biennio. Nello specifico, il decreto fiscale aggiunge il “comma 3-bis” alle disposizioni di cui all’articolo 49 comma 1 del Dlgs. 231/2007, stabilendo che - a decorrere dal 1° luglio 2020 e fino al 31 dicembre 2021 - il divieto di utilizzo del contante e la relativa soglia sono riferiti alla cifra di 2.000 euro (si passa, quindi, dagli attuali 3.000 a 2.000 euro). Mentre, a partire dal 1° gennaio 2022, il divieto e detta soglia sono riferiti alla cifra di 1.000 euro. Pertanto, per effetto della novella normativa, il trasferimento massimo consentito in denaro contante sarà pari a 1.999,99 euro fino al 31 dicembre 2021 e 999,99 euro a decorrere dal 1° gennaio 2022. La medesima modifica è stata apportata, per ragioni di “coerenza sistematica”, alla soglia di cui al comma 3 del citato articolo 49 prevista per i soggetti che svolgono attività di cambia valute. Ulteriori novità hanno, poi, riguardato l’aspetto sanzionatorio, la cui norma di riferimento stabilisce che “Fatta salva l'efficacia degli atti, alle violazioni delle disposizioni di cui all'articolo 49, commi 1, 2, 3, 5, 6 e 7, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 50.000 euro” (articolo 63, comma 1 del Dlgs. 231/2007). Viene, in particolare, stabilito che per le violazioni commesse e contestate dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2021 il minimo edittale sarà pari a 2.000 euro; mentre, per le violazioni commesse e contestate a decorrere dal 1° gennaio 2022, il minimo edittale sarà ulteriormente abbassato a 1.000 euro.

Ravvedimento operoso esteso

E’ stato abrogato il comma 1-bis dell'articolo 13 del Dlgs. 472/1997 secondo cui ”Le disposizioni di cui al comma 1, lettere b-bis), b-ter) e b-quater), si applicano ai tributi amministrati dall'Agenzia delle entrate e, limitatamente alle lettere b-bis) e b-ter), ai tributi doganali e alle accise amministrati dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli”. Di conseguenza, le riduzioni sanzionatori (a un settimo, un sesto e un quinto del minimo) trovano applicazione, ove il contribuente si avvalga del ravvedimento operoso, anche con riferimento ai tributi “diversi” da quelli amministrati dall’Agenzia delle entrate, dai tributi doganali e dalle accise, inclusi quelli regionali e locali. Resta confermata quale condizione ostativa all’utilizzo del ravvedimento operoso, la notifica di un atto di contestazione da parte dell’ente locale.

Utilizzo file

e-fatture

Con una modifica all’articolo 1 del Dlgs. 127/2015 viene stabilito che i file delle fatture elettroniche acquisiti sono memorizzati fino al 31 dicembre dell'ottavo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione di riferimento ovvero fino alla definizione di eventuali giudizi, superando gli ordinari termini di accertamento pari a 5 o 7 anni. Conseguentemente, i file XML delle fatture elettroniche con tutti i dati in essi contenuti potranno essere utilizzati:

· dalla Guardia di finanza nell’assolvimento delle funzioni di polizia economica e finanziaria ad essa demandate;

· dall’Agenzia delle entrate e dalla Guardia di finanza per le attività analisi del rischio e controllo ai fini fiscali.

La Guardia di finanza e l’Agenzia delle entrate, nell’utilizzazione dei file acquisiti delle fatture elettroniche, sentito il Garante per la protezione dei dati personali, dovranno comunque adottare “idonee misure di garanzia a tutela dei diritti e delle libertà degli interessati” attraverso la previsione di apposite misure di sicurezza in conformità con le disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali.

Sanzioni accettazione pagamenti

- abrogate

E’ stata “soppressa” l’originaria formulazione dell’articolo 23 del DL 124/2019 che prevedeva, a decorrere dal 1° luglio 2020, per la violazione dell’obbligo - da parte di commercianti e professionisti - di accettare pagamenti con carte di debito/credito di qualsiasi importo, l’applicazione di una sanzione pari a 30 euro, aumentata del 4% del valore della transazione per la quale è stata rifiutata l’accettazione del pagamento.

 

 

Quadro Normativo

DECRETO LEGGE N. 124 DEL 26 OTTOBRE 2019

LEGGE N. 157 DEL 19 DICEMBRE 2019

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