Le novità dell’ultima manovra per il settore penal-tributario viste dagli uffici del Massimario della Cassazione

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L’Ufficio del massimario della Corte di cassazione dedica la relazione III/13/2011 del 20 settembre scorso alle modifiche operate dalla legge n. 148 del 2011, di conversione del D.L. n. 138 c.d. manovra di Ferragosto, in materia di diritto penale tributario, ponendo in evidenza alcuni aspetti.

Con un primo intervento il legislatore ha cancellato delle disposizioni dirette a diminuire la pena prevista per i reati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e di emissione di fatture per operazioni inesistenti. Così facendo le sanzioni finiscono per essere più stringenti non prevedendo più condotte, considerate meno gravi, atte a mitigare la pena. Quindi con le recentissime novità normative qualsiasi sia l’importo delle fatture per operazioni inesistenti verrà sempre applicata la sanzione della reclusione da 1 anno e sei mesi a 6 anni, senza possibilità di sconto di pena.

Da ciò si evince l’insorgere di una non equa differenza tra questo trattamento sanzionatorio e quello previsto per il delitto di omessa dichiarazione, che sorge solo se l’imposta evasa supera i 30.000 euro, per il quale la sanzione va da 6 mesi a 2 anni. Vale a dire che l’evasore totale va incontro ad una sanzione più mite rispetto a colui che dichiara una fattura falsa.

La relazione della Corte poi considera le novità operate agli articoli 3, 4 e 5 del decreto legislativo n. 74/2000, che ha notevolmente abbassato le soglie di punibilità dei reati di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione. In particolare la Corte ritiene singolare l’intervento operato sull’istituto della sospensione condizionale della pena, il quale ora non trova applicazione nei casi in cui ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni: l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore al trenta per cento del volume d’affari; l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore a tre milioni di euro.

La norma appare dubbia nel momento in cui debba essere applicata a contribuenti non soggetti ad Iva per l’impossibilità di fare riferimento al volume di affari.

Infine si evidenzia la modifica effettuata sul regime della prescrizione dei reati tributari previsti dagli articoli da 2 a 10 del D.Lgs. n. 74/2000, esclusi i reati di omesso versamento delle ritenute certificate, dell’omesso versamento dell’IVA, dell’indebita compensazione e della sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte: i relativi termini sono stati aumentati di un terzo. Per la Corte l’intervento “rappresenta una clamorosa retromarcia rispetto a quella che era stata una delle principali linee di intervento della riforma penaltributaria dell’inizio di millennio e cioè l’omogeneizzazione dei tempi di prescrizione dei reati tributari a quelli ordinari, laddove in passato agli stessi era stata invece a lungo dedicata in proposito una speciale disciplina più sfavorevole per l’imputato nel nome della ragion fiscale”.
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