Lavoro sommerso ed irregolare, più incentivi agli ispettori per rafforzarne il contrasto

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Lavoro sommerso ed irregolare, più incentivi agli ispettori per rafforzarne il contrasto

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 117 del 22 maggio 2018, il decreto del 6 marzo 2018, contenente le misure di incentivazione e le iniziative di contrasto del lavoro sommerso e irregolare.

In dettaglio, il decreto specifica le modalità di assegnazione dei 10  milioni di euro stanziati all’Ispettorato Nazionale del Lavoro al fine di finanziare le misure destinate ad incentivare  il personale che svolge attività  ispettiva,  per contrastare il lavoro sommerso e irregolare.

La trattazione del decreto in parola rappresenta un’occasione per analizzare la problematica del “lavoro nero”, fenomeno dilagante del mercato del lavoro italiano.

Il lavoro sommerso o irregolare

Trattando il tema del lavoro sommerso (o “in nero”) e irregolare, si specifica, innazitutto, che mentre per “lavoratore in nero” si intende il prestatore di lavoro che opera occultamente in un contesto di lavoro, in quanto il datore di lavoro non ha provveduto ad inviare la comunicazione preventiva di assunzione, si parla di lavoro irregolare quando il rapporto di lavoro o la collaborazione, pur non venendo nascosti, presentano delle difformità rispetto al quadro normativo di riferimento.

Nell’ordinamento italiano, in virtù del principio di effettività, in presenza di una attività di lavoro dipendente soggetta al potere direttivo e di controllo del datore, nonostante l’irregolarità della posizione del lavoratore, l’azienda è soggetta a tutte le norme e obblighi previsti per quella determinata categoria di dipendente, ovvero:

  • obblighi di natura retributiva;

  • obblighi di natura contributiva;

  • obblighi di sicurezza.

 

NB! A titolo esemplificativo, si riscontra la presenza di lavoro in nero nelle casistiche simili a quelle di seguito descritte:

  • colf che collabora più volte a settimana nelle faccende domestiche senza essere stata assunta;

  • operaio che svolge giornate di lavoro in cantiere informalmente;

  • parente o coniuge che presta aiuto non occasionale nell’azienda di famiglia.

 

I rischi del datore di lavoro in presenza di lavoratori in nero

L’azienda che impiega lavoratori in nero o irregolari, può subire tali conseguenze:

  • azione civile intrapresa dal lavoratore al fine di ottenere la regolarizzazione del contratto, con pagamento delle eventuali differenze retributive;

  • sanzioni di diverso tipo.

Le conseguenze civili per l’azienda

Posto che al lavoratore in nero si applicano le norme e il contratto collettivo previsti per la corrispondente mansione svolta, in caso di violazione dei suoi diritti il lavoratore irregolare potrà ricorrere al tribunale del lavoro per ottenere:

  • il pagamento degli stipendi che non risultino versati;

  • il pagamento delle differenze retributive (ad esempio, se il lavoratore in nero ha percepito uno stipendio più basso di quello previsto dal contratto collettivo);

  • gli straordinari non pagati;

  • le indennità non pagate (lavoro notturno, festività ecc.);

  • il pagamento del Tfr, se il rapporto di lavoro si è interrotto;

  • il versamento dei contributi relativi al periodo durante il quale si è svolto il rapporto di lavoro;

  • l’eventuale risarcimento per il licenziamento illegittimo.

Le sanzioni

Focalizzando l’attenzione sulle sanzioni, in particolare sulle disposizioni contenute nel decreto legislativo del 14 settembre 2015, n. 151 (G.U. n. 221 del 23 settembre 2015), il datore di lavoro che occupa lavoratori in nero rischia due diverse tipologie di sanzioni amministrative, tra loro alternative, a seconda della violazione commessa:

  • in caso di mancata comunicazione di assunzione ai Servizi per l’impiego ove non sia applicabile la maxisanzione, sanzione amministrativa da € 100 a € 500 per ciascun lavoratore interessato;

  • Maxisanzione per lavoro sommerso: sanzione amministrativa variabile a seconda della durata dell’impiego.

In particolare:

  • se l’impiego effettivo del lavoratore è fino a 30 giorni: da € 1.500 a € 9.000 per ciascun lavoratore irregolare;

  • per l’impiego effettivo del lavoratore da 31 e fino a 60 giorni: da € 3.000 a € 18.000 per ciascun lavoratore irregolare;

  • per l’impiego effettivo del lavoratore oltre 60 giorni: da € 6.000 a € 36.000 per ciascun lavoratore irregolare.

In caso di impiego di lavoratori stranieri o di minori in età non lavorativa, le sanzioni sono aumentate del 20%.

Ancora sul punto, non si applica la maxisanzione nelle seguenti ipotesi:

  • ai datori di lavoro domestico;

  • se dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti (ad esempio, dal flusso UniEmens), risulta comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se la qualificazione ad esso assegnata dalle parti è differente (ad esempio, è stata denunciata una collaborazione coordinata e continuativa, mentre l’organo di vigilanza ritiene che il rapporto di lavoro abbia carattere subordinato).

In questo caso si rendono applicabili solo la sanzione ordinaria per mancata comunicazione preventiva e le sanzioni dovute per le differenze di contribuzione;

  • se il datore di lavoro, prima dell’ispezione o dell’accertamento o di un’eventuale convocazione per un tentativo di conciliazione monocratica, regolarizza spontaneamente ed integralmente, per l’intera durata, il rapporto di lavoro avviato originariamente senza la preventiva comunicazione obbligatoria;

  • se si tratta di rapporti di lavoro instaurati con lavoratori autonomi e parasubordinati per i quali non è stata fatta, se prevista, la comunicazione preventiva.

La procedura per l’irrogazione della sanzione

Prima dell’applicazione della maxisanzione al datore di lavoro viene recapitata una diffida, necessaria per la validità delle sanzioni stesse.

In particolare, l’ispettore del lavoro notifica all’azienda una diffida a regolarizzare le inosservanze materialmente sanabili e nei successivi 30 giorni l’azienda deve provvedere alla regolarizzazione.

In caso di ottemperanza alla diffida, il datore di lavoro è ammesso al pagamento della sanzione – entro 15 giorni dal termine fissato per la regolarizzazione – nella misura pari al minimo previsto dalla legge o nella misura pari a ¼ (un quarto) della sanzione stabilita in misura fissa.

Viceversa, se il datore non provvede alla regolarizzazione del lavoratore in nero e al pagamento delle somme previste, gli ispettori – attraverso il verbale unico di accertamento e di notificazione – contestano e notificano gli addebiti accertati, ingiungendo il pagamento della sanzione.

 

NB! Se il lavoratore, mentre presta lavoro in nero, percepisce anche la NASPI, rischia di andare incontro a conseguenze penali, per aver reso dichiarazioni mendaci all’INPS e aver indebitamente percepito erogazioni ai danni dello Stato.

 

Il decreto del 6 marzo 2018

Come anticipato, con il decreto in commento, è stato confermato lo stanziamento di 10  milioni di euro, assegnati all’Ispettorato Nazionale del Lavoro, per finanziare le misure volte ad incentivare il personale che svolge attività  ispettiva,  ivi compreso il riconoscimento di specifiche indennità a favore di chi svolge tali attività in condizioni e orari disagiati o  con  l’utilizzo del mezzo proprio.

In particolare, l'Ispettorato Nazionale del Lavoro provvederà a ripartire tra gli uffici le somme, secondo criteri oggettivi, destinando fino al 10 per cento del totale riassegnato al proprio bilancio, per il finanziamento di beni strumentali funzionali allo svolgimento dell'attivita' di vigilanza, del buon andamento degli uffici o per il finanziamento di iniziative di contrasto del lavoro sommerso e irregolare.

 

QUADRO NORMATIVO

Decreto legislativo n. 151 del 14 settembre 2015

Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Decreto 6 marzo 2018

 

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