Interposizione di manodopera e appalto di servizi

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La Corte di cassazione, con la sentenza n. 8863 depositata l’11 aprile 2013, ha annullato, con rinvio, la decisione con cui la Corte d'Appello di Napoli aveva ritenuto che tra un’impresa committente e un’impresa appaltatrice fosse intercorsa un'illecita interposizione di manodopera e, conseguentemente, che dovesse ritenersi sussistente un rapporto di lavoro subordinato tra un dipendente della seconda e la società committente medesima.

La società appaltante aveva impugnato la sentenza lamentando, tra gli altri motivi, che i giudici di merito non avessero compiuto un’analisi dettagliata degli elementi caratterizzanti il rapporto in essere tra le due imprese.

E la Suprema corte ha aderito a detta doglianza rinviando ad un nuovo esame il merito della vicenda ed enunciando, altresì, il principio di diritto secondo cui, ai sensi dell’articolo 1 della Legge n. 1369/1960 - vigente all'epoca dei fatti di causa e prima che subentrasse una nuova disciplina legislativa in materia di somministrazione ed appalto di servizi – è possibile che alcune prestazioni di lavoro, nell'ambito organizzativo dell'impresa pseudo-appaltante, vengano affidate all'impresa pseudo-appaltatrice.

In ogni caso – precisa la Corte - esula dalla previsione normativa l’ipotesi in cui l'impresa appaltatrice di certe prestazioni tolleri che suoi dipendenti eseguano prestazioni d'altro genere a vantaggio dell'appaltante, ma senza manifestazioni di volontà dei suoi organi competenti. In un contesto del genere, ossia, una volta verificata l'utilità effettiva della prestazione per l'impresa cosiddetta appaltante, questa sarà tenuta alla remunerazione del lavoratore ai sensi dell'articolo 2126 del Codice civile.
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