Illegittimità costituzionale parziale per la Legge Reg. Umbria n. 1/2015

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Illegittimità costituzionale parziale per la Legge Reg. Umbria n. 1/2015

Con sentenza n. 68 del 5 aprile 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità di diversi articoli della Legge della Regione Umbria n. 1/2015 (Testo unico governo del territorio e materie correlate).

Tra le norme censurate, si segnalano, in primo luogo, gli articoli 28, comma 10, e 56, comma 3, della legge, nella parte in cui stabiliscono che sono i Comuni, anziché l’ufficio tecnico regionale competente, a rendere il parere sugli strumenti urbanistici generali ed attuativi dei Comuni siti in zone sismiche.

L’illegittimità costituzionale ha investito anche gli articoli 59, comma 3, nonché l’articolo 118, comma 1, lettera e), “nella parte in cui non prevede che le «opere interne alle unità immobiliari di cui all’art. 7, comma 1, lettera g)», siano sottoposte alla comunicazione di inizio dei lavori asseverata (CILA)”.

A seguire, sono state ritenute contrarie alle previsioni della Costituzione anche le disposizioni di cui agli articoli 147 e 155 e l’articolo 118, comma 2, lettera h), quest’ultimo nel testo impugnato e nel testo vigente a seguito delle modifiche apportate dall’articolo 26, comma 7, della legge della regionale n. 13/2016.

Ancora, l’illegittimità costituzionale è stata dichiarata con riferimento all’art. 250, comma 1, lettere a), b) e c), in combinato disposto con gli artt. 201, commi 3 e 4; 202, comma 1, e 208, della medesima legge nonché agli artt. 258 e 264, comma 13, e all’art. 264, commi 14 e 16.

Questioni sollevate dal Presidente del Consiglio

Le questioni di legittimità costituzionale erano state sollevate dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato nel 2015. Successivamente all’introduzione del giudizio, era entrata in vigore la Legge della Regione Umbria n. 13/2016, recante “Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 21 gennaio 2015, n. 1 – Testo unico governo del territorio e materie correlate”, con cui erano state apportate modifiche a molte delle disposizioni impugnate.

Ciò posto, il Consiglio dei ministri aveva rilevato il venir meno di alcune delle ragioni che avevano indotto alla proposizione del ricorso, deliberando, su queste, la rinuncia parziale all’impugnazione, pur dichiarando la permanenza dei motivi di impugnativa con riferimento agli ulteriori articoli censurati.

Rilievi dei giudici costituzionali

La Consulta, pur riconoscendo la non fondatezza delle questioni attinenti a numerosi articoli – quali l’art. 13, comma 1, nonché commi 4 e 5, gli articoli 16, commi 4 e 5, il 17 e il 19, l’articolo 56, comma 14, l’articolo 206, comma 1 – ha ritenuto fondate le varie questioni di legittimità costituzionale promosse nei confronti degli articoli sopra riferiti.

Tra questi, si segnala l’illegittimità dell’articolo 250, comma 1, lettere a), b) e c), in combinato disposto con gli artt. 201 (commi 3 e 4), 202 (comma 1) e 208 nella parte in cui consente alla Giunta regionale, con proprio atto, di sottrarre tipologie di interventi edilizi all’applicazione della normativa sismica e quindi anche all’autorizzazione sismica di cui al d.P.R. n. 380 del 2001.

Per i giudici costituzionali, le disposizioni in oggetto “introdurrebbero una categoria di interventi edilizi ignota alla legislazione statale e la escluderebbero dall’applicazione di norme improntate al principio fondamentale della vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, con l’effetto di sottrarre indebitamente determinati interventi edilizi ad ogni forma di vigilanza pubblica”.

Con particolare riferimento all’articolo 258, e al connesso articolo 264, comma 13, è stato evidenziato come la disciplina dettata, nella parte in cui mira a sanare opere non conformi, in tutto o in parte, agli strumenti urbanistici, “finisca per introdurre un condono edilizio straordinario”, da cui discende la cessazione degli effetti penali dell’abuso, non previsto dalla legge statale, in contrasto con i principi fondamentali in materia di governo del territorio e con “conseguente invasione della sfera di competenza esclusiva statale in materia di ordinamento civile e penale”.

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