Il solo valore normale non rettifica i bilanci

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Il parere della Corte di cassazione non è stato sempre uniforme in materia di accertamento e soprattutto riguardo la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di contestare la congruità dei costi e dei ricavi esposti in bilancio e nelle dichiarazioni, anche in assenza di irregolarità nella tenuta delle scritture contabili o di vizi degli atti posti in essere. In un primo momento, la Corte si era espressa affermando la non inerenza degli atti manifestatamene antieconomici che determinano costi sproporzionati rispetto ai ricavi d’impresa, affermando un concetto di inerenza non solo di tipo qualitativo ma anche quantitativo. Successivamente, si è affermato che l’Amministrazione finanziaria non avrebbe il potere di valutate l’economicità o la ragionevolezza degli atti imprenditoriali, negando così il precedente orientamento. Di recente, i giudici di merito sono tornati sui loro passi, sancendo quanto segue:

- l’Amministrazione finanziaria dispone di poteri di valutazione dell’inerenza dei costi esposti in bilancio relativi all’attività o beni di impresa da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono alla formazione del reddito, e senza che tale giudizio possa incidere sulle scelte dell’imprenditore, valendo ai soli fini dell’opponibilità della spesa;

- si può negare la deducibilità dei costi che sono sproporzionati rispetto ai ricavi e all’oggetto dell’impresa, anche senza che si verifichino irregolarità nella tenuta delle scritture contabili. In questo caso, infatti, si vuole sottolineare l’importanza del principio di economicità dell’azione imprenditoriale, per cui le operazioni commerciali vengono svolte seguendo il criterio della convenienza e tenendo conto delle condizioni di mercato.

Seguendo le disposizioni di legge appare evidente come in proposito sia necessaria l’applicazione del criterio del valore normale, ai fini delle imposte sui redditi, soltanto in presenza di certe condizioni come per esempio l’assenza di corrispettivo o la necessità di contrastare fenomeni patologici. Non considerando, però, eventuali eccezioni, il principio generale da cui muovere è quello secondo il quale “la determinazione del reddito d’impresa va fatta mediante la contrapposizione dei costi e ricavi nella loro effettiva misura”. Da qui, il principio per cui il riferimento al “valore normale” non è di regola sufficiente a motivare una rettifica in contrasto con le risultanze contabili, ma devono ricorrere altre indicazioni documentali o presuntive precise. Inoltre, il sindacato di inerenza dei costi dovrebbe riguardare solo i casi di arbitraggio fiscale.

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