Fallibilità: sì a strumenti probatori alternativi ai bilanci
Pubblicato il 08 aprile 2021
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Ai fini del riconoscimento dei requisiti dimensionali di fallibilità, sono utilizzabili anche strumenti probatori alternativi a quello rappresentato dal deposito dei bilanci di esercizio.
Questi strumenti alternativi, ciò posto, possono essere utilizzati non solo in via di integrazione e cumulo, ma anche in via di sostituzione dei bilanci.
La predetta utilizzabilità discende, in primo luogo, dalla constatazione che la disposizione di cui all'art. 1, comma 2, Legge fall. non fa proprio parola del documento di cui al bilancio.
Del resto, la logica che presiede alla scelta di sottrarre dal fallimento gli imprenditori in possesso dei tre requisiti indicati dal comma 2 dell'art. 1, si fissa propriamente in un'ottica deflattiva, al fine di esentare dal concorso le crisi di impresa di modeste dimensioni oggettive.
Una pretesa di selezione restrittiva dei mezzi di prova dei requisiti dimensionali risulterebbe, perciò, contrastare con la stessa ratio che presiede della norma dell'art. 1, comma 2, legge fall.
Il bilancio è prova privilegiata ma non esclusiva
Ne discende che il bilancio di esercizio può dirsi canale “privilegiato” per la valutazione dei requisiti dimensionali di fallibilità, solo perché la sua funzione specifica è proprio quella di rappresentare la “situazione patrimoniale e finanziaria” dell'impresa a cui fa riferimento.
Tuttavia, come detto, il sistema vigente non pone, in proposito, nessuna preclusione o sorta di vincolo.
E’ quanto sottolineato dalla Suprema corte, nel testo dell’ordinanza n. 9045 del 1° aprile 2021, con cui gli Ermellini hanno giudicato errata la valutazione operata dalla Corte d’appello, in ordine ad una procedura fallimentare promossa a carico di una Snc e dei soci illimitatamente responsabili.
La Corte territoriale, in particolare, aveva ritenuto che la mancata produzione, da parte della società, dei bilanci degli ultimi tre esercizi e di una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata, non potesse che risolversi in danno della debitrice medesima.
Pur riconoscendo la possibilità che la prova della mancanza dei requisiti dimensionali potesse desumersi da “documenti altrettanto significativi”, i giudici di merito avevano escluso dal novero di questi le dichiarazioni fiscali, i conti economici degli anni precedenti al fallimento, il registro fatture di acquisto, la liquidazione periodica IVA, i registri riepilogativi IVA prodotti dalla Snc, in quanto scrittura private a formazione unilaterale e non sottoscritte.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, tuttavia, non poteva essere condivisa la prospettiva fatta propria dalla Corte di merito, tesa a proporre, per la materia in discorso, un catalogo astratto e aprioristico di prove più o meno significative.
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