Esame avvocato: l'utilizzo del nome di fantasia “Marco Polo” non è singolare se la sede di correzione è Venezia
Autore: Eleonora Pergolari
Pubblicato il 14 dicembre 2011
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Il Tribunale Amministrativo Regionale di Firenze, con sentenza n. 1789 del 18 novembre 2011, ha accolto il ricorso avanzato da un aspirante avvocato e volto all'annullamento del provvedimento con cui la commissione per gli esami di Avvocato della Sessione 2010 della Corte d’Appello di Venezia, aveva provveduto a ritenere non valide le prove scritte del ricorrente ritenendo che l'utilizzo dell'intestazione all’”Avv. Marco Polo del foro di Venezia” utilizzata in occasione prova consistente nella redazione dell’atto giudiziario, costituisse “evidente segno di riconoscimento, tale da giustificare l’invalidazione della prova stessa”.
Secondo i giudici amministrativi, l'esclusione a causa della presenza di segni di riconoscimento implica “che sia adeguatamente provata la volontà del candidato di farsi riconoscere, attraverso la presenza di elementi atti in modo inequivoco a lasciar emergere l’intenzionalità dell’azione”; tuttavia, nella specie, il ricorso al nome di fantasia “Marco Polo”, anche se non consueto nel mondo del diritto, trovava una giustificazione “non implausibile” in considerazione della suggestione scaturente dall'abbinamento della Corte d’Appello di Firenze, presso la cui il candidato sosteneva le prove, con quella di Venezia, sede della correzione.
Tale circostanza – si legge nel testo della decisione – fornisce, quindi, una ragionevole spiegazione alternativa alla condotta del ricorrente svilendone, parallelamente, la singolarità.
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