Ergastolo ostativo: intervento della Corte costituzionale
Pubblicato il 24 ottobre 2019
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La Consulta ha dichiarato l’illegittimità della norma dell’Ordinamento penitenziario sui reati ostativi, nella parte in cui impedisce permessi premio a chi non collabora anche se non ci sono più elementi di collegamento con la criminalità organizzata.
Si tratta dell’articolo 4-bis, comma 1 Ord. Pen., che impedisce la concessione di benefici alternativi alla detenzione a favore di chi, condannato per reati di mafia, non collabora con la giustizia.
Nel dettaglio, la disposizione in esame è stata censurata nella parte in cui non prevede permessi premio per mancata collaborazione con la giustizia, anche se siano stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità della partecipazione all’associazione criminale sia, più in generale, il pericolo del ripristino di collegamenti con la criminalità organizzata.
Il condannato, in ogni caso, deve aver dato piena prova di partecipazione al percorso rieducativo.
La Corte costituzionale si è così pronunciata rispetto alle questioni sollevate dalla Corte di cassazione e dal Tribunale di sorveglianza di Perugia nell’ambito di due giudizi che vedevano coinvolte due persone condannate all’ergastolo per delitti di mafia.
La notizia è stata anticipata con comunicato dell’Ufficio stampa della Corte, diffuso il 23 ottobre 2019 subito dopo la riunione della Consulta, tenuta in pari data in camera di consiglio.
Permessi premio sottratti al meccanismo ostativo
I giudici costituzionali – si legge nella nota - si sono pronunciati nei limiti della richiesta dei giudici rimettenti e, quindi, solo con riferimento alla concessione del permesso premio, sottraendola alla generale applicazione del meccanismo “ostativo”, ai sensi del quale i condannati per i reati previsti dall’articolo 4 bis che dopo la condanna non collaborino con la giustizia non possono accedere ai benefici previsti dall’Ordinamento penitenziario per la generalità dei detenuti.
Presunzione di pericolosità sociale non più assoluta
Grazie alla decisione – viene altresì precisato - la presunzione di “pericolosità sociale” del detenuto non collaborante “non è più assoluta ma diventa relativa”.
Detta presunzione può ossia essere superata dal magistrato di sorveglianza, con valutazione caso per caso da basare sulle relazioni del carcere nonché sulle informazioni e i pareri di varie autorità, dalla Procura antimafia o antiterrorismo al competente Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Non resta che attendere il deposito della sentenza e delle relative motivazioni.
La recente sentenza della Cedu
Si ricorda che proprio a inizio mese la Corte europea dei diritti dell’uomo ha reso definitiva la decisione con cui, a giugno, aveva bocciato la disciplina italiana sull’ergastolo ostativo in quanto eccessivamente restrittiva rispetto alle prospettive del recluso di poter ottenere permessi o benefici e alla possibilità di veder riesaminare la propria pena.
Secondo i giudici di Strasburgo, il fatto che la reclusione a vita possa, in pratica, essere scontata nella sua interezza, non rende l’ergastolo incomprimibile: non si possono, ossia, precludere benefici a chi non collabora.
- edotto.com – Punto & Lex del 9 ottobre 2019 - Corte Edu: su ergastolo ostativo disciplina italiana da riformare – Pergolari
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