Equo compenso. Bando annullato se il corrispettivo è sotto i parametri
Pubblicato il 25 febbraio 2022
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Le Amministrazioni aggiudicatrici non possono dettare regole che impediscano sistematicamente, ex ante, il riconoscimento di un corrispettivo, ai professionisti incaricati, di importo pari o superiore all’equo compenso.
Questo, sia in occasione di affidamenti diretti sia nella determinazione della base d’asta nel contesto di procedure finalizzate all’affidamento dell’incarico professionale secondo le regole dell’evidenza pubblica.
No a compensi sotto i parametri, avviso illegittimo
Così il Tar della Campania, sede di Napoli, nel testo della sentenza n. 1114 del 18 febbraio 2022, pronunciata in accoglimento del ricorso avanzato dal COA di Roma ai fini dell'annullamento di un avviso pubblico per la costituzione di un elenco di avvocati per l’affidamento di incarichi di patrocinio legale e di domiciliazione.
Il predetto avviso era stato censurato in quanto in contrasto con la normativa sull'equo compenso, per come prevista dalla Legge n. 247/2012 e dal DM n. 55/2014, applicabile anche alle Pubbliche amministrazioni in forza del richiamo di cui all’art. 19-quaterdecies, comma 1, del Dl n. 148/2017 che ha introdotto l’art. 13 bis nella Legge sulla professione forense.
I giudici amministrativi, sul punto, hanno ricordato come tale ultima disposizione, nell’estendere anche alla PA l’obbligo di applicare la disciplina dell’equo compenso in relazione alle prestazioni rese dai professionisti in esecuzione di incarichi da esse conferiti, è finalizzata ad assicurare una speciale protezione al professionista, quale parte debole del rapporto contrattuale.
Ciò, in tutti i casi in cui la pubblica amministrazione, a causa della propria preponderante forza contrattuale, definisca unilateralmente, senza alcun margine di contrattazione, la misura del compenso spettante al professionista e lo imponga a quest’ultimo.
Il principio in oggetto riguarda tanto gli affidamenti diretti, quanto il contesto di procedure finalizzate al conferimento dell’incarico.
La disposizione non trova invece applicazione ove la clausola contrattuale relativa al compenso per la prestazione professionale sia oggetto di trattativa tra le parti o, nelle fattispecie di formazione della volontà dell’amministrazione secondo i principi dell’evidenza pubblica, ove l’amministrazione non imponga al professionista il compenso per la prestazione dei servizi legali da affidare.
Nel caso di specie, invero, le clausole considerate non erano in linea con il quadro normativo sopra riferito in quanto, non solo, relegavano la trattativa individuale alla fissazione di un compenso che si attestava sistematicamente e necessariamente al di sotto dei parametri professionali.
Il bando escludeva anche, in via di principio, qualunque negoziazione individuale predeterminando unilateralmente la misura del compenso per le domiciliazioni, integrando così gli estremi della vessatorietà, per come individuati nella Legge professionale forense.
Ordini professionali legittimati ad agire
Nella decisione, è stato anche riconosciuto anche un altro interessante principio: gli ordini professionali sono legittimati ad agire per la tutela di posizioni soggettive proprie o di interessi unitari della collettività da loro istituzionalmente espressa.
In quest’ultimo caso, essi possono sia reagire alla violazione delle norme poste a tutela della professione, sia perseguire vantaggi, anche strumentali, riferibili alla sfera della categoria nel suo insieme, ad eccezione del divieto di occuparsi di questioni relative ad attività non soggette alla disciplina o alla potestà degli ordini medesimi.
Nel caso, poi, di ordini professionali individuati su base territoriale, la legittimazione al ricorso va ricondotta all'ambito territoriale nel quale il provvedimento impugnato è destinato a produrre effetti.
Sussiste, infne, la legittimazione dell'Ordine professionale ad agire contro procedure di evidenza pubblica ritenute lesive dell'interesse istituzionalizzato della categoria anche nell'ipotesi in cui possa configurarsi un conflitto d'interessi fra l’Ordine medesimo ed i singoli professionisti in qualche modo beneficiari dell'atto da impugnare.
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