Economia digitale, commercialisti su problematiche fiscali e scenari possibili

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Economia digitale, commercialisti su problematiche fiscali e scenari possibili

Il Consiglio e la Fondazione Nazionale dei Commercialisti hanno pubblicato, il 28 maggio 2018, uno studio sulla fiscalità nell’economia digitale.

Nel documento, rubricato “La fiscalità nell’economia digitale”, viene affrontato il tema della digital economy e le relative problematiche evidenti sia a livello nazionale che internazionale, con riferimento soprattutto alla tassazione di operazioni che presentano quei particolari connotati di innovazione che non si esauriscono col mero trasferimento in un contesto telematico delle operazioni tradizionali e che stanno trasformando repentinamente il modo di svolgere l’attività d’impresa, rimodellando secondo schemi del tutto nuovi le tradizionali “catene del valore”.

Il Gruppo di lavoro “Fiscalità internazionale” del CNDCEC, infatti, ha evidenziato le criticità connesse alla nuova imposta sulle transazioni digitali introdotta dalla legge n. 205/2017, prendendo in esame le problematiche fiscali e i possibili scenari riguardanti proprio lo sviluppo dell'economia digitale.

Nel documento - dopo un'introduzione sui modelli tradizionali di imposizione e la loro crisi nel mondo digitale - viene affrontato il quadro delle disposizioni e dei regolamenti internazionali riguardanti la tassazione dell’economia digitale, oltre agli interventi della UE in materia.

Particolare attenzione viene, poi, prestata agli aspetti relativi alla normativa italiana e all’imposta sulle transazioni digitali, fino a concludere con un approfondimento riservato alle operazioni in criptovalute.

Digital economy: la questione italiana

A livello internazionale, l'Ocse sta lavorando ad una soluzione condivisa su scala globale, che richiederà almeno altri due anni, e la Commissione europea ha presentato lo scorso 21 marzo la sua proposta di web tax “in due tempi”.

In questo contesto, l'Italia ha istituito il prelievo del 3% sulle prestazioni di servizi digitali, applicabile dal 1° gennaio 2019.

La problematica principale evidenziata dai commercialisti è proprio la mancanza, ancora, di un decreto MEF di attuazione e individuazione di quali operazioni online ritenere soggette e quali no, soprattutto alla luce del fatto che il termine, seppur solo ordinatorio, per l’approvazione del decreto ministeriale era fissato al 30 aprile 2018.

Nel frattempo, vengono evidenziate le incognite, come, per esempio, quelle legate alla soglia per l'applicazione del tributo: la legge italiana stabilisce che sono soggetti i prestatori di servizi digitali che abbiano realizzato nel corso del medesimo anno solare almeno 3 mila operazioni, qualunque ne sia l'importo, ma come osservato dai commercialisti “non si comprende quale sia il momento a cui debba essere riferito il computo”.

Perplessità anche sulla natura del tributo che – secondo la categoria – essendo indiretta “pone problemi in merito al diritto allo scomputo da parte del prestatore del servizio estero”.

Le Convenzioni contro le doppie imposizioni prevedono, infatti, dei rimedi alla doppia imposizione, ma solitamente in materia di imposte dirette.

In questo caso specifico, quindi, anche per i prestatori di servizi nazionali la deducibilità prevista dalla norma non è così scontata, a meno che – secondo Cndcec e Fnc - “non possa essere fatto valere il principio di derivazione dal risultato d'esercizio ottenuto mediante applicazione di corretti principi contabili”.

Allegati Anche in
  • eDotto.com – Edicola del 22 marzo 2018 - La Commissione europea lancia la proposta di una Web tax al 3% - Pichirallo

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