Dichiarazione d’intento: l’errata compilazione è una violazione formale
Pubblicato il 22 dicembre 2018
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La società istante, che si è qualificata come esportatore abituale ai fini Iva, ha compilato, con riferimento alle dichiarazioni d’intento inviate a partire dal 1° marzo 2017, il campo “operazioni fino a concorrenza di euro” al fine di assegnare, a ciascun fornitore, uno specifico tetto massimo di fatturazione non imponibile ai fini IVA.
Successivamente però ha inviato, ad alcuni fornitori, una o più dichiarazioni d’intento per incrementare l’ammontare del plafond originariamente dichiarato, barrando, per puro errore, la casella “Integrativa” e riportando il numero di protocollo di invio della dichiarazione d’intento in precedenza trasmessa.
Dopo aver appurato che con i successivi invii il plafond originario è stato annullato e sostituito (anziché integrato), la società chiede quale sia il regime sanzionatorio applicabile a tale violazione e se la stessa possa essere regolarizzata con il ravvedimento operoso.
Errata compilazione della dichiarazione d’intento
L’Agenzia delle Entrate, in data 21 dicembre 2018 pubblica la risposta n. 126/2018, con la quale chiarisce il dubbio dell’istante.
Nel documento, l’Agenzia precisa che la società, al fine di incrementare l’ammontare del plafond originariamente comunicato ad alcuni fornitori, avrebbe dovuto inviare una o più dichiarazioni d’intento senza compilare il campo “Integrativa”.
L’errata compilazione del modello ha determinato l’annullamento delle dichiarazioni d’intento originariamente presentate e, di conseguenza, l’importo del plafond lì indicato e già utilizzato per effettuare acquisti non imponibili ai fini Iva.
Tuttavia, si ritiene al riguardo che, in tale ipotesi, non si configura né la violazione di operazioni senza addebito d’imposta in mancanza di dichiarazione d’intento né quella di operazioni senza addebito d’imposta oltre il limite del plafond disponibile, qualora:
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le dichiarazioni d’intento siano state rilasciate in presenza dei presupposti di legge;
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il fornitore, prima di emettere fatture senza Iva, abbia verificato, in relazione a ogni singola dichiarazione d’intento, l’inoltro delle stesse all’Agenzia delle entrate nonché i dati in esse contenuti;
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il plafond sia stato utilizzato nei limiti normativamente consentiti.
Al ricorrere dei suddetti presupposti – secondo l’Agenzia - l’irregolare compilazione della dichiarazione d’intento rappresenta una violazione di carattere formale sanzionata dalla disposizione di carattere generale di cui all’articolo 11, comma 1, lett. a), del Decreto legislativo n. 471 del 1997.
Inoltre, dato che non è possibile modificare singoli campi di una dichiarazione già presentata, la società può sanare ciascuna violazione commessa con il solo versamento della sanzione di 250 euro, eventualmente ridotta secondo quanto previsto dall’istituto del ravvedimento (Dlgs 472/1997), fermo restando la possibilità di avvalersi della definizione agevolata delle irregolarità formali, di cui al Dl n. 119/2018.
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