Decreto Rilancio, contratto a termine e in somministrazione “acausale”
Pubblicato il 21 maggio 2020
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Stop all’obbligo di inserire la cd. “causale” nel contratto di lavoro a tempo determinato e in somministrazione. Infatti, dal 23 febbraio 2020 al 30 agosto 2020, i datori di lavoro potranno ricorrere ai rapporti a termine come avveniva nella disciplina previgente al “Decreto Dignità”.
Si tratta di una novità assoluta contenuta nel “Decreto Rilancio” (D.L. n. 34/2020), in quanto assente nelle bozze circolate nei giorni scorsi. Vediamo i dettagli delle nuove regole che disciplinano il contratto a termine.
Decreto Rilancio, campo di applicazione del contratto a termine
Come noto, il “Decreto Dignità” ha reso meno appetibile il ricorso al contratto a termine attraverso:
- la riduzione della durata massima del rapporto (da 36 mesi a 24 mesi);
- l’introduzione della causale per i rapporti che superano i 12 mesi (anche per effetto di più proroghe).
Dunque è possibile stipulare un contratto a termine oltre i 12 mesi, o anche in caso di rinnovo, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:
- esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività per esigenze sostitutive di altri lavoratori;
- esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria.
Ora, in considerazione della situazione emergenziale, il Governo ha reso possibile non indicare la causale, fino al prossimo 30 agosto, al rinnovo o alla proroga dei contratti a termine che erano in corso di esecuzione alla data del 23 febbraio 2020.
Vengono esclusi dal nuovo regime:
- i contratti scaduti prima del 23 febbraio 2020;
- i contratti stipulati per la prima volta in seguito a tale data.
Decreto Rilancio, novità in tema di CIG
Modifiche anche sul fronte cassa integrazione guadagni. Il nuovo art. 71 del D.L. n. 34/2020, che interviene nel corpus normativo dell’art. 22-quater del D.L. n. 18/2020, dispone che le nuove domande di cassa integrazione, con pagamento diretto da parte dell’Istituto Previdenziale, dovranno essere presentate direttamente all’INPS ma solo dal 18 giugno 2020.
In particolare, in caso di richiesta del pagamento diretto da parte dell’INPS, il datore di lavoro deve presentare, insieme alla domanda, i dati essenziali per il calcolo e il pagamento di un acconto nella misura del 40%;
Dopo aver ricevuto la domanda con la richiesta di acconto della prestazione, l’INPS ha tempo 15 giorni per autorizzare e disporre il pagamento dell’acconto. L’anticipazione è calcolata sulle ore relative all’intero periodo richiesto.
A questo punto, l’INPS provvede al pagamento della cassa integrazione residua o al recupero nei confronti dei datori di lavoro degli eventuali importi indebitamente anticipati. I datori di lavoro per ogni periodo interessato comunicano all’INPS, entro il 20 del mese successivo, i dati necessari per il pagamento della prestazione effettiva con le modalità ancora da stabilire. Se il datore di lavoro non rispetta i termini stabiliti, il pagamento della prestazione e degli oneri ad essa connessi rimangono a carico del datore di lavoro inadempiente.
- edotto.com – Edicola del 15 maggio 2020 - Cassa integrazione, INPS: codici di conguaglio via Pec – Bonaddio
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