Dal Notariato ampio uso della prelazione statutaria

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Il Consiglio nazionale del notariato ha reso accessibile sul sito lo Studio n. 158-2012/I, dal titolo “Questioni in tema di prelazione statutaria”. Con lo studio si evidenziano alcune questioni conseguenti all’evoluzione interpretativa, teorica e giurisprudenziale, in materia di limiti statutari alla circolazione delle partecipazioni in spa ed srl.

Si parte dal presupposto che, istituzionalmente, la prelazione statutaria pone un limite alla circolazione delle partecipazioni (messa in atto con contratto di compravendita avente ad oggetto le partecipazioni che un socio intende cedere) e funge da blocco all’accesso di terzi estranei in società, dando possibilità ai soci di accrescere la propria quota di partecipazione mantenendo inalterato il rapporto proporzionale di partecipazione fra i soci.

Afferente alla prelazione statutaria, che soggiace agli artt.2355-bis e 2469 c.c., la prelazione impropria. Può esserlo per due ragioni: il prezzo da pagare al cedente può essere diverso da quello preteso da un terzo acquirente; la natura del corrispettivo, che influisce anche sulla natura del negozio che il cedente dovrà stipulare.

Nel documento del Notariato è fornita una diversa interpretazione, in merito alla prelazione in oggetto, rispetto all’orientamento giurisprudenziale. In alcune recenti pronunce la lettura della clausola è restrittiva, mentre nello studio si effettua una lettura estensiva dell’ambito di applicazione della prelazione. Si sostiene la tesi che debba essere assegnato di norma “un peso decisivo alla finalità tipica (ed oggettivamente apprezzabile) della clausola di prelazione, la quale, posponendo l’interesse del singolo socio a quello dei coazionisti a mantenere inalterata la compagine sociale, è naturalmente destinata ad operare in occasione di ogni episodio traslativo, quale che sia il tipo negoziale progettato dall’alienante. Sì che il concreto riferimento alle vicende implicanti un “trasferimento”, o una “cessione” della partecipazione dovrebbe assicurare, di regola, alla clausola la massima capacità espansiva consentita dal più ampio valore semantico attribuito a dette espressioni”.
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