Contratti a tempo determinato, apertura alle causali della contrattazione collettiva

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Contratti a tempo determinato, apertura alle causali della contrattazione collettiva

L’introduzione dell’art. 41-bis, al Decreto Legge 25 maggio 2021, n. 73, in sede di conversione approvato dalla Camera dei Deputati, modifica l’art. 19 del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, in materia di contratti a tempo determinato allargando le maglie delle stringenti causali operate dal c.d. Decreto Dignità.

La novella legislativa estende le opzioni dei rinnovi e dei contratti/proroghe di durata superiore ai dodici mesi previste alla lettera a) e b) del citato art. 19, demandando ai contratti collettivi previsti dall’art. 51, del Testo Unico dei contratti di lavoro, la possibilità di stabilire le specifiche esigenze per le quali si potrà – si spera con opportuna chiarezza delle parti sociali – andare oltre lo stringente termine previsto dalla norma.

L’auspicata modifica – in attesa di definitiva approvazione dal Senato – sarà, però, di durata limitata nel tempo. Nel testo approvato dalla Camera, infatti, viene introdotto l’ulteriore comma “1.1” che ammette la deroga “oltre i dodici mesi” per le causali individuate dai contratti collettivi fino al 30 settembre 2022.

Le ultime deroghe della normativa emergenziale

Al tempo della pandemia, il Governo era già corso ai ripari con provvedimenti spot che consentivano e consentono, sino al 31 dicembre 2021, di derogare all’apposizione delle causali previste dall’art. 19, comma 1, per le proroghe o i rinnovi di contratti a tempo determinato, per una sola volta e nel limite massimo di ventiquattro mesi.

Da ultimo, il Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41, convertito, con modificazioni, dalla Legge 21 maggio 2021, n. 69, che ha modificato l’art. 93 del Decreto Rilancio, posticipando – di fatto – gli effetti sino al 31 dicembre 2021, consente di prorogare (anche con proroga neutra) e rinnovare, fino al termine massimo di ventiquattro mesi complessivi, i rapporti a tempo determinato senza l’apposizione delle causali di cui al citato art. 19, comma 1, e relative a:

  • esigenze temporanee ed oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
  • esigenze connesse ad incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’ordinaria attività.

L’applicazione della citata normativa emergenziale consente, dunque, sino al 31 dicembre 2021 di prorogare o rinnovare, una sola volta, e sino al limite massimo di ventiquattro mesi, precedenti contratti a tempo determinato, potendo, gli effetti, avere corso anche in periodi successivi. La predetta proroga o rinnovo sarà neutra e non potrà eccedere, per espressa previsione legislativa, il periodo di dodici mesi.

Contratti a termine, un timido ritorno al passato

Come accennato in premessa, la legge di conversione del Decreto Legge 25 maggio 2021, n. 73, approvata dalla Camera, in attesa del definitivo via libera del Senato, ha introdotto all’art. 19, comma 1, la lettera b-bis), consentendo la stipula di contratti a termine oltre i dodici mesi in presenza di specifiche esigenze individuate dai contratti collettivi di cui all’art. 51.

Tralasciando gli incomprensibili motivi che hanno spinto il legislatore all’inserimento della lettera b-bis, in luogo della più comune “c”, la nuova possibile causale non è certo nuova al nostro ordinamento.

Già con la Legge 28 febbraio 1987, n. 56, il legislatore consentiva l’apposizione di un termine di durata al contratto di lavoro nelle ipotesi individuate nei contratti collettivi di lavoro stipulati con i sindacati nazionali o locali aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

Previa definitiva approvazione del Senato alle modifiche apportate dalla legge di conversione, si evidenziano le modifiche apportate al testo dell’art. 19, comma 1:

Ante conversione D.L. Sostegni-bis

Post conversione D.L. Sostegni-bis

1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria.

1. Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all'ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell'attività ordinaria;

b-bis) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51.

 

Certamente, l’introduzione di una nuova condizione di eccezionalità al limite massimo di dodici mesi demandata alla contrattazione collettiva, consentirà di scardinare, con augurabile convincimento, i rigidi vincoli introdotti dal Decreto Dignità ed oggi, più che mai, percepiti come un forte ostacolo all’occupazione.

Si noti, senza che, a parere di chi scrive, ve ne fosse espressa necessità - atteso che all’interno del Testo Unico dei contratti per “contratti collettivi” si intendono quelli sottoscritti dalle OO.SS. dotate della maggiore rappresentatività comparata -, il legislatore demanda le nuove causali della lettera b-bis ai soli contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.

Oltre agli effetti diretti che la nuova disposizione può apportare in fase di stipula di un nuovo contratto a tempo determinato oltre i dodici mesi, l’introduzione al citato comma 1, estende l’ambito di applicazione del successivo art. 21, comma “01”, a mente del quale è possibile rinnovare o prorogare oltre i dodici mesi un precedente contratto a termine solo a fronte delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1.

Non possiamo che augurarci, dunque, prima del 31 dicembre 2021, un’attiva ed intensa attività sindacale che possa, in concreto, individuare le nuove ipotesi di superamento dei limiti in commento.

Ma le modifiche non finiscono qui.

La timidezza del legislatore trova piena espressione nel nuovo comma “1.1” prontamente inserito al capoverso successivo della nuova lettera b-bis, secondo cui “Il termine di durata superiore a dodici mesi, ma comunque non eccedente ventiquattro mesi, di cui al comma 1 del presente articolo, può essere apposto ai contratti di lavoro subordinato qualora si verifichino specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51, ai sensi della lettera b-bis) del medesimo comma 1, fino al 30 settembre 2022”.

La semplice lettura della nuova lettera b-bis) poteva apparire sin troppo poco farraginosa per gli addetti ai lavori e, forse, non avrebbe reso necessario un intervento ministeriale chiarificatore, di cui necessiteremo per la corretta interpretazione del combinato disposto delle modifiche introdotte al contratto a tempo determinato dalla legge di conversione del Decreto Sostegni-bis.

In particolare, la lettura del citato comma 1.1 potrebbe lasciar spazio – a parere di chi scrive – alle due seguenti interpretazioni.

La prima, più rapida e restrittiva, circoscrive l’ambito di applicazione delle modificate disposizioni ai nuovi contratti a termine, proroghe o rinnovi, oltre i dodici mesi, per le causali individuate dai contratti collettivi di cui all’art. 51, sottoscritti entro e non oltre il 30 settembre 2022.

La seconda, splitterebbe – pur senza intravedere una ratio a tale distinzione – gli effetti della novella legislativa distinguendo la stipula di un primo contratto a tempo determinato e i casi di proroga o rinnovo di un precedente rapporto a termine. Invero, potrebbe sostenersi che, sino alla data del 30 settembre 2022 sia ammessa la stipula ab origine di un contratto a tempo determinato di durata superiore ai dodici mesi e non eccedente i ventiquattro mesi, e che, anche successivamente al 30 settembre 2022, sia possibile individuare negli accordi collettivi le specifiche esigenze per proroghe ultra 12 mesi e/o rinnovi.

 

QUADRO NORMATIVO

Decreto Legge 25 maggio 2021, n. 73

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