Compatibilità totale o parziale tra il lavoro e la Cassa integrazione
Pubblicato il 06 agosto 2010
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“Integrazioni salariali. Compatibilità con l’attività di lavoro autonomo o subordinato e cumulabilità del relativo reddito. Regime dell’accredito dei contributi figurativi. Disposizioni particolari per il personale del settore trasporto aereo”.
Questo il titolo della circolare n. 107/2010, che l’Inps ha rilasciato nella giornata del 5 agosto.
L’Istituto di previdenza sociale si esprime in merito al regime d’incompatibilità parziale o totale dell’attività lavorativa con la Cassa Integrazione Guadagni così come previsto da due norme primarie: il Dlgs 788/1945 e la legge n. 86/1988. La prima norma stabilisce che l’integrazione salariale “non sarà corrisposta a quei lavoratori che durante le giornate di riduzione del lavoro si dedichino ad altre attività remunerate”; l’articolo 8, comma 4, della legge n. 86/1988 precisa, invece, che “il lavoratore che svolga attività di lavoro autonomo o subordinato durante il periodo di integrazione salariale non ha diritto al trattamento per le giornate di lavoro effettuate”.
Per un consolidato orientamento della Corte di Cassazione, il Dlgs 788/1945 si interpreta “nel senso che lo svolgimento di attività lavorativa remunerata, sia essa subordinata od autonoma, durante il periodo di sospensione del lavoro con diritto all'integrazione salariale comporta non la perdita del diritto all'integrazione per l'intero periodo predetto, ma solo una riduzione dell'integrazione medesima in proporzione ai proventi di quell'altra attività lavorativa. Ai fini dell'applicazione di tale principio – mentre in caso di attività lavorativa subordinata può presumersi l'equivalenza della retribuzione alla corrispondente quota d'integrazione salariale – in ipotesi, invece, di attività lavorativa autonoma grava sul lavoratore l'onere di dimostrare che il compenso percepito per la detta attività è inferiore all'integrazione salariale stessa” (sentenza. n. 12487 del 23/11/1992).
Dunque, si ha incompatibilità nel caso in cui il lavoratore beneficiario dell’integrazione salariale abbia iniziato un nuovo rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno ed indeterminato. Cioè, come affermato anche dalla Corte Costituzionale, il nuovo impiego a tempo pieno e senza prefissione di termine, alle dipendenze di un diverso datore di lavoro, comporta la risoluzione del rapporto precedente e, di conseguenza la perdita del diritto al trattamento di integrazione salariale per cessazione del rapporto di lavoro che ne costituiva il fondamento.
Con il documento di prassi in esame, l’Inps riconosce ora che la suddetta incompatibilità non è assoluta, ma deve essere valutata di volta in volta in base allo specifico rapporto di lavoro instaurato, tenendo conto della complessità del rapporto lavorativo che si può venire a creare.
Pertanto, nell’ipotesi di contratto part-time, sia orizzontale che verticale, si ha piena compatibilità tra l’attività di lavoro ed integrazione salariale, se la nuova attività di lavoro dipendente intrapresa, per la collocazione temporale in altre ore della giornata o in periodi diversi dell’anno, risulta comunque compatibile con l’attività lavorativa sospesa che ha dato luogo all’integrazione salariale. In questa circostanza, infatti, l’integrazione salariale è pienamente cumulabile con la remunerazione derivante dalla nuova attività lavorativa. Analogamente, si può avere compatibilità anche tra un rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno e uno part-time, purché le due attività siano tra loro comunque compatibili nel limite dell’orario massimo settimanale di lavoro.
Sono riconosciute anche delle situazioni di cumulabilità parziale. Generalmente, l’integrazione salariale non è dovuta per le giornate nelle quali il lavoratore beneficiario si dedichi ad altre attività remunerate, di conseguenza il reddito derivante dalla nuova attività di lavoro non è normalmente cumulabile con l’integrazione salariale. In queste circostanze, il trattamento di integrazione salariale verrà sospeso per le giornate nella quali è stata effettuata la nuova attività lavorativa. Tuttavia, per consolidato orientamento giurisprudenziale, se il lavoratore dimostra che il compenso per tale attività è inferiore all'integrazione stessa, avrà diritto ad una quota pari alla differenza tra l’intero importo dell’ integrazione salariale spettante e il reddito percepito. Nel caso in cui il beneficiario dell’integrazione salariale stipula un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato, tale contratto risulta compatibile con il diritto all’integrazione salariale. Se il reddito derivante dalla nuova attività lavorativa è inferiore all’integrazione, sarà possibile il cumulo parziale della stessa con il reddito, a concorrenza dell’importo totale dell’integrazione spettante.
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