Cessioni intracomunitarie, non imponibile la lavorazione di un terzista
Pubblicato il 03 novembre 2018
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“Cessioni intracomunitarie di beni che subiscono una lavorazione nello Stato membro diverso da quello di destinazione”. Questo è il tema del principio di diritto n. 10, pubblicato nella sezione ad hoc del sito dell’Agenzia delle Entrate il 2 novembre 2018.
L’Amministrazione finanziaria vi ribadisce la validità dei chiarimenti espressi nella circolare n. 13 del 1994 (paragrafo 16.4, caso 2a), successivamente richiamati anche nella circolare n. 145 del 10 giugno 1998, che ora vengono estesi anche al caso in cui il committente sia identificato, oltre che nel Paese ove è stabilito (di destinazione del bene lavorato), nel Paese ove viene effettuata la lavorazione del terzista (su incarico del committente stesso).
Pertanto, la conclusione della citata circolare n. 13/1994, secondo cui le cessioni intra Ue in cui i beni subiscono una lavorazione prima di essere trasferiti dal cedente nazionale al cessionario dell’Unione europea sono qualificabili come cessioni intracomunitarie da operatore italiano a operatore Ue, restano valide anche nel caso in cui il cedente/committente possieda un identificativo Iva sia nel Paese di stabilimento che in quello in cui viene effettuata la lavorazione.
Di conseguenza, tale cessione intracomunitaria risulta non imponibile Iva, ai sensi dell’articolo 41, comma 1, lett. a) del DL n. 331 del 1993, nei confronti della partita Iva del committente rilasciata dal Paese di destinazione del bene e non, invece, nei confronti della partita Iva (del committente) rilasciata dal Paese della lavorazione.
Secondo l’Agenzia tale impostazione risulta coerente:
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con la circostanza che la destinazione finale dei beni sia il Paese ove il cessionario/committente è stabilito (non quello ove i beni transitano solo temporaneamente ai fini della lavorazione);
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con il fatto che la proprietà dei beni venga trasferita dall’operatore italiano al committente nel Paese di destinazione dei beni.
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