Buoni pasto, erogazione liberamente interrompibile
Pubblicato il 04 agosto 2020
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A seguito del rigetto dell'appello della Corte di Campobasso, avverso la sentenza del giudice di prime cure, di reiezione della domanda di accertamento di illegittimità dell'unilaterale deliberazione del datore di lavoro di interrompere l'erogazione dei buoni pasto, il lavoratore ricorreva per cassazione al fine di vedere qualificato il trattamento sostitutivo di mensa quale componente della retribuzione spettante in funzione del rapporto contrattuale, anche in ragione della corresponsione reiterata nel tempo e tale da integrare una prassi aziendale.
Secondo l'orientamento degli Ermellini, la Corte territoriale ha correttamente interpretato la natura dei buoni pasto in quell'agevolazione di carattere assistenziale collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale e, pertanto, non rientrante nel trattamento retributivo in senso stretto. In tal senso, ribadendo i precedenti orientamenti giurisprudenziali, il valore dei pasti, di cui il lavoratore può fruire in una mensa aziendale o presso esercizi convenzionati con il datore di lavoro, manca dell'elemento della corrispettività della prestazione rispetto a quella lavorativa e del collegamento causale tra l'utilizzazione della mensa ed il lavoro prestato. Pertanto, il mancato riconoscimento della natura "retributiva" ai buoni pasto consente al datore di lavoro la variazione libera ed unilaterale del riconoscimento accessorio, salvo il caso in cui, quest'ultimo, non venga previsto da un accordo sindacale.
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