Avvocato incompetente sanzionato
Pubblicato il 15 dicembre 2016
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Sanzione disciplinare a prescindere da responsabilità civile
Scatta la sanzione disciplinare per l’avvocato che, per incompetenza, svolga in maniera negligente gli atti inerenti il mandato difensivo, con rilevante trascuratezza riguardo agli interessi della parte assistita. La cattiva e maldestra esecuzione del mandato, inoltre, rileva autonomamente sul piano disciplinare, indipendentemente da profili civilistici di inadempimento e danno in pregiudizio al cliente.
E’ quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, respingendo le censure di un avvocato, condannato per violazione del codice deontologico, in quanto aveva accettato di difendere una donna contro il suo ex datore di lavoro, senza averne la competenza e senza adempiere l’incarico con la dovuta diligenza.
Contestazioni mirate
Nel procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione forense – chiarisce la Cassazione nel caso di specie – la contestazione degli addebiti non esige una minuta, completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l’illecito, essendo invece sufficiente che l’incolpato sia posto in grado di impostare la propria difesa in modo efficace.
Orbene nell'ipotesi esaminata, all'avvocato sono state contestate plurime violazioni del codice deontologico all'epoca dei fatti vigente. Inosservante riempite di contenuti con riferimento alle domande rassegnate dal legale al Tribunale del lavoro in modo del tutto generico ed indeterminato, con tanto di prove palesemente inammissibili, come anche rilevato nella stessa sentenza che aveva respinto dette domande.
Si tratta dunque, nella fattispecie, di contestazioni ben mirate, con riferimento a specifici profili deontologici (diligenza, competenza, trascuratezza) ed in relazione ad atti processuali conosciuti dall'incolpato.
Azione disciplinare d’ufficio Prescinde dalla fonte
Infine – ribadiscono gli ermellini – è pacifico che il Consiglio dell’Ordine degli avvocati abbia il potere- dovere di promuovere d’ufficio l’azione disciplinare, allorché venga a conoscenza di fatti lesivi dell’onore dei professionisti iscritti. L’esercizio di tale potere non è dunque condizionato dalla tipologia della fonte della notizia dell’illecito disciplinare.
Ne deriva, pertanto, nel caso de quo – concludono le Sezioni Unite con sentenza n. 25633 del 14 dicembre 2016 – l’irrilevanza dell’apocrificità o meno dell’esposto attribuito alla persona assistita, posto che esso ha costituito solo l’innesco per accertamenti officiosi dai quali è scaturita l’azione disciplinare, giammai una fonte di prova.
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