Avviso di rettifica nullo se basato su atto non allegato
Pubblicato il 03 aprile 2020
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Accolte le ragioni di una società contribuente contro un avviso di rettifica e liquidazione di maggior valore che le era stato notificato in riferimento ad un complesso immobiliare da essa acquistato.
La Srl si era rivolta ai giudici di legittimità, lamentando che la Commissione tributaria regionale, nel confermare l’atto di accertamento, aveva basato la propria decisione sui documenti che l’Ufficio finanziario aveva depositato, per la prima volta, in sede di appello.
Il Fisco, per giustificare la propria produzione documentale, aveva fatto riferimento al principio di specialità il quale, a suo dire, avrebbe fatto prevalere la norma processuale tributaria rispetto a quella processuale civile ordinaria.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, ossia, non avrebbe trovato applicazione la preclusione di cui all’art. 345, comma 3 cpc, bensì l’art. 58, comma 2, del D. Lgs. n. 546/1992 che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche nel corso del giudizio di gravame, pure se preesistenti al processo di primo grado.
Avviso di rettifica e liquidazione: presupposti di fatto e ragioni giuridiche
Un richiamo, questo, che la Corte di cassazione, con sentenza n. 7649 del 2 aprile 2020, ha ritenuto non riguardare la fattispecie esaminata.
L’avviso di accertamento di specie, infatti, ai sensi del disposto di cui all’art. 52 del DPR n. 131/1986, deve contenere, in aggiunta all’indicazione degli elementi in base ai quali il valore attribuito ai beni è stato determinato, delle aliquote applicate e del calcolo della maggiore imposta, anche i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che lo hanno determinato.
Ed è espressamente prescritto, in proposito, che se la motivazione fa riferimento ad un documento non conosciuto né ricevuto dal contribuente, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama, salvo che non sia ivi riprodotto nel suo contenuto essenziale.
Diversamente, l’accertamento è da considerare nullo.
Nel caso esaminato, l’Ufficio era venuto meno all’obbligo imposto dall’art. 52 citato, non rendendo noti gli elementi concreti alla luce dei quali era pervenuto alla diversa stima del complesso immobiliare.
Solo in sede di appello aveva provveduto ad integrare la motivazione mediante la produzione di atti di compravendita di immobili con caratteristiche similari a quelli oggetto di contestazione.
In questo modo, però, la CRT si era pronunciata sulla base di elementi che non potevano essere presi in considerazione perché non richiamati e allegati all’avviso di accertamento e nemmeno esposti nelle difese di primo grado.
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