Consulenza non riservata a professionisti iscritti in albo
Pubblicato il 10 luglio 2020
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Non è prestazione d'opera professionale di natura intellettuale riservata ai professionisti iscritti in apposito albo l'attività che si sia sostanziata nel consigliare al cliente l'adozione di un determinato inquadramento contrattuale per i propri collaboratori, con contestuale predisposizione del relativo schema di contratto.
Tale attività, in conformità con il principio della libertà di lavoro autonomo o di libertà di impresa di servizi, non è di esclusiva competenza di chi è iscritto nell'albo previsto dalla legge, non rientrando, nello specifico, tra gli "adempimenti che la legge n. 12 del 1979 riserva ai consulenti del lavoro iscritti all'albo".
La relativa prestazione, dunque, non può dirsi nulla se svolta da un soggetto non abilitato.
Inquadramento contrattuale non riservato a consulenti del lavoro
E’ questo il principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione con sentenza n. 14247 dell’8 luglio 2020, nell’ambito di una causa instaurata nei confronti di una Snc che svolgeva attività di assistenza e consulenza in materia fiscale e del lavoro e del socio illimitatamente responsabile di questa, un commercialista.
La società attrice, anche essa una Snc, aveva chiesto che fosse riconosciuta la responsabilità professionale dei convenuti per avere, nell'ambito dell'attività prestata, suggerito la conclusione di due contratti di lavoro a progetto e predisposto gli stessi pur in assenza dei requisiti di legge, esponendola di conseguenza al pagamento di sanzioni.
Il giudice di secondo grado aveva dichiarato la nullità del rapporto contrattuale intercorso tra le parti, ritenendo che l’attività di consulenza posta in essere rientrasse fra gli "adempimenti" riservati ai soggetti iscritti all'albo dei consulenti del lavoro.
Ne derivava la nullità del contratto stipulato e l'esonero dei convenuti dalla responsabilità contrattuale fatta valere dall'attrice.
Cassazione: prestazione valida anche se svolta da professionista non iscritto ad albo
Conclusione, questa, a cui non ha aderito la Corte di legittimità, secondo la quale l'attività di sussunzione operata in secondo grado era errata.
E' inesatto e del tutto generico - si legge nella decisione - affermare che, in generale, l'attività di consulenza aziendale sia riservata ai professionisti iscritti in specifici albi.
La Suprema corte, sul punto, ha ribadito quanto già evidenziato in diverse pronunce di legittimità, ed ossia che “nelle materie commerciali, economiche, finanziarie e di ragioneria, le prestazioni di assistenza o consulenza aziendale non sono riservate per legge in via esclusiva ai dottori commercialisti, ai ragionieri e ai periti commercialisti, non rientrando fra le attività che possono essere svolte esclusivamente da soggetti iscritti ad apposito albo professionale o provvisti di specifica abilitazione”.
In definitiva, era legittimo che dall’errore nel consiglio sull’inquadramento contrattuale derivasse un obbligo di risarcire il danno subito dal cliente.
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