Appalto o interposizione illecita di manodopera?
Pubblicato il 10 febbraio 2022
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Ultima pronuncia della Corte di cassazione in tema di interposizione di manodopera nelle prestazioni di lavoro.
In tema di intermediazione di manodopera, al fine di rendere operante la presunzione di sussistenza della fattispecie vietata, occorre verificare che l'utilizzazione, da parte dell'appaltatore, dei mezzi forniti dall'appaltante sia significativa e non marginale e, dunque, non occasionale, né temporanea e nemmeno legata all'oggetto dell'appalto.
La sussistenza o meno della modestia dell'apporto va accertata in concreto, e il relativo apprezzamento costituisce valutazione di fatto, incensurabile in sede di legittimità se logicamente e correttamente motivata.
In tale contesto, spetta al lavoratore che denunci l'esistenza di una interposizione fittizia, l'onere della prova circa l'esistenza di un rapporto di subordinazione.
La Cassazione sull'intermediazione fittizia di manodopera
E' quanto evidenziato dalla Corte di cassazione nel testo dell'ordinanza n. 4208 del 9 febbraio 2022, pronunciata in rigetto del ricorso promosso da un lavoratore che, nell'ambito di un appalto, lamentava lo sdoppiamento delle normali prerogative del datore di lavoro in capo a due soggetti, l'impresa appaltatrice, che esercitava interamente ed esclusivamente la gestione amministrativa, e la società appaltante, esercitante interamente e in maniera assoluta la direzione tecnica e il relativo controllo.
La Corte territoriale aveva ritenuto che dall'istruttoria non fossero emersi elementi di prova a sostegno dell'esistenza di una interposizione fittizia di manodopera del lavoratore, dipendente della società appaltatrice, né dell'esistenza del denunciato sdoppiamento delle funzioni datoriali.
In applicazione dell'art. 2697 c.c., era stato escluso che il prestatore avesse fornito la prova dell'interposizione denunciata, con rigetto, quindi, delle relative domande.
Niente interposizione illecita se il lavoratore non prova la subordinazione
Statuizione, questa, confermata dalla Suprema corte, secondo la quale i giudici di seconde cure avevano correttamente dato atto che l'onere di provare la subordinazione gravava sul lavoratore ricorrente e che il mancato raggiungimento di una prova rassicurante si rivoltava in suo danno, senza che si fosse posta in essere, pertanto, alcuna violazione delle regole in tema di ripartizione dell'onere probatorio.
Per gli Ermellini, la Corte territoriale si era conformata alla giurisprudenza di legittimità in tema di interposizione di manodopera nelle prestazioni di lavoro.
Giurisprudenza secondo la quale l'utilizzazione, da parte dell'appaltatore, di mezzi dell'appaltante dà luogo ad una presunzione legale assoluta di sussistenza della fattispecie vietata solo quando detto conferimento di mezzi sia di rilevanza tale da rendere del tutto marginale ed accessorio l'apporto dell'appaltatore.
La valutazione di questi aspetti - si legge nella decisione - rientra nei compiti del giudice di merito e laddove, come nel caso esaminato, ne sia dato adeguatamente conto non è censurabile in sede di legittimità.
Da qui la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio.
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