Antiriciclaggio. Sulle sanzioni si applica il principio del favore rei

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Antiriciclaggio. Sulle sanzioni si applica il principio del favore rei

Le recenti sentenze della Corte di Cassazione, seconda sezione civile – la n. 20647 e 20648 dell’8 agosto 2018 – prevedono l’estensione dell’applicazione del principio del favor rei in materia di sanzioni per mancato adempimento degli obblighi antiriciclaggio anche qualora - come nel caso di specie - si tratti di violazioni plurime di omessa segnalazione di operazioni sospette per un importo milionario.

Nei due casi esaminati dai giudici di legittimità emerge come, in tema di normativa antiriciclaggio, la disciplina prevista dall’articolo 58 del Dlgs. n. 231 del 2007, come modificato dall’art. 5 del Dlgs n. 90/2017, per l’omessa segnalazione di operazioni sospette trovi applicazione, quale espressione del principio del “favor rei”, anche relativamente ai procedimenti sanzionatori iniziati anteriormente all’entrata in vigore di detta normativa ma che, a tale momento, non si siano conclusi con un provvedimento dotato del carattere di definitività.

Sanzione milionaria, chiesta la rideterminazione

Con le due sentenze dell'8 agosto 2018, la Suprema Corte accoglie il ricorso di due ex amministratori delegati di una società fiduciaria all'interno di un gruppo bancario, che erano stati condannati insieme ai presidenti del Consiglio di amministrazione a pagare in solido con la società una sanzione amministrativa pari ad oltre 6,7 milioni (25% dell'operazione non segnalata).

I vertici dell’azienda avevano richiesto una rideterminazione della sanzione proprio in virtù delle novità introdotte nel 2017, in recepimento della IV Direttiva europea. Il Ministero dell’Economia, invece, aveva presentato ricorso ritenendo (a suo parere) che la sanzione era già stata irrogata e, pertanto, non si sarebbe potuto ridurre l'importo, anche se, come nel caso esaminato, il procedimento giudiziario non era ancora concluso.

Favore rei: sanzioni più leggere per i mancati obblighi antiriciclaggio

La Corte, decidendo sulla questione, rigetta i primi quattro motivi del ricorso presentato dal Ministero e cassa la sentenza impugnata in relazione al trattamento sanzionatorio, rinviando per la rideterminazione dell'importo della sanzione ad altra sezione della Corte d'appello di Milano, che nel 2014 aveva inflitto la sanzione milionaria ai vertici dell'azienda.

Nelle sue motivazioni, la Corte ha ritenuto applicabile, con immediata efficacia, anche ai procedimenti pendenti il principio del favor rei introdotto con il Dlgs n. 90/2017, in quanto la norma introduce un tetto alle sanzioni pecuniarie più gravi pari a 300 mila euro a fronte delle sanzioni precedentemente applicate che andavano dall'1 al 40 % del valore dell'operazione sospetta non segnalata, senza indicare i criteri per il massimale della sanzione.

Nessuna sanzione per il fatto che non costituisce più illecito

Riguardo alla efficacia di tali norme più leggere in materia di sanzioni antiriciclaggio, la Corte chiarisce che le novità introdotte nel 2017 per le mancate segnalazioni delle operazioni sospette, devono essere applicate a tutti i procedimenti pendenti e non solo a quelli futuri.

Gli Ermellini, infatti, ricordano come il Decreto legislativo n. 90/2017 abbia introdotto anche l'articolo 69 del Dlgs n. 231/2007 il cui primo comma recita che: “nessuno può essere sanzionato per un fatto che alla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente titolo non costituisce più illecito. Per le violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore del presente decreto, sanzionate in via amministrativa, si applica la legge vigente all'epoca della commessa violazione, se più favorevole, ivi compresa l'applicabilità dell'istituto del pagamento in misura ridotta”.

Pertanto, il principio del favore rei può essere applicato sulle sanzioni antiriciclaggio anche con riferimento ai procedimenti in corso di definizione.

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