Ambienti sospetti di inquinamento. Appalto e subappalto con contratti certificati
Pubblicato il 25 gennaio 2024
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Con nota del 24 gennaio 2024 n. 694, non ancora pubblicata sul sito istituzionale, l’Ispettorato nazionale del lavoro fornisce importanti chiarimenti, condivisi con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in merito alla obbligatorietà della certificazione dei contratti per il personale impiegato in servizi resi in ambienti sospetti di inquinamento o confinati nell’ambito di un appalto o un subappalto.
Ambienti sospetti di inquinamento o confinati
Il D.P.R. 14 settembre 2011, n. 177, in attuazione del T.U. della sicurezza su lavoro (articolo 6, comma 8, lettera g), decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81) reca il regolamento per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
Il regolamento si applica:
- ai lavori in ambienti sospetti di inquinamento (pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrità fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei, secondo quanto dispone l’art. 66, T.U. della sicurezza su lavoro);
- in presenza di gas negli scavi (art. 121, T.U. della sicurezza su lavoro);
- negli ambienti confinati, vale a dire vasche, canalizzazioni, tubazioni, serbatoi, recipienti, silos (allegato IV, punto 3, T.U. della sicurezza su lavoro).
Qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi
Per svolgere qualsiasi attività lavorativa in ambienti sospetti di inquinamento o confinati imprese o lavoratori autonomi devono essere in possesso dei seguenti specifici requisiti (articolo 2, D.P.R. 14 settembre 2011, n. 177):
a) integrale applicazione delle disposizioni vigenti in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria e misure di gestione delle emergenze;
b) integrale e vincolante applicazione anche del comma 2 dell'articolo 21 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, nel caso di imprese familiari e lavoratori autonomi (tra cui la partecipazione a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte);
c) presenza di personale, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale relativa a lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, assunta con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato ovvero anche con altre tipologie contrattuali o di appalto, a condizione, in questa seconda ipotesi, che i contratti siano stati preventivamente certificati (Titolo VIII, Capo I, decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276). Tale esperienza deve essere necessariamente in possesso dei lavoratori che svolgono le funzioni di preposto. (la misura del 30%, ricorda l’INL nella nota del 24 gennaio 2024 n. 694 richiamando le conclusioni a cui è giunto il Ministero del lavoro nella nota prot. n. 11649 del 27 giugno 2013 deve intendersi riferita al personale impiegato sulla specifica attività, indipendentemente dal numero complessivo della forza lavoro della stessa azienda);
d) avvenuta effettuazione di attività di informazione e formazione di tutto il personale, compreso il datore di lavoro se è impiegato per attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, specificamente mirata alla conoscenza dei fattori di rischio propri di tali attività, oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento;
e) possesso di dispositivi di protezione individuale, strumentazione e attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri e avvenuta effettuazione di attività di addestramento all'uso corretto di tali dispositivi, strumentazione e attrezzature;
f) avvenuta effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato per le attività lavorative in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, ivi compreso il datore di lavoro, relativamente all’applicazione delle procedure di sicurezza previste dagli articoli 66 e 121 e dell'allegato IV, punto 3, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
g) rispetto delle vigenti previsioni, ove applicabili, in materia di Documento unico di regolarità contributiva;
h) integrale applicazione della parte economica e normativa della contrattazione collettiva di settore, compreso il versamento della contribuzione all'eventuale ente bilaterale di riferimento, ove la prestazione sia di tipo retributivo, con riferimento ai contratti e accordi collettivi di settore sottoscritti da organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Certificazione del contratto di lavoro in caso di appalto
Il legislatore obbliga pertanto le imprese operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati a utilizzare personale qualificato con esperienza almeno triennale nei predetti ambienti e assunto:
- generalmente, con contratti di tipo subordinato a tempo indeterminato,
- in alternativa, con altre tipologie contrattuali o in forza di un contratto di appalto e soggetti a certificazione obbligatoria (Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003).
E veniamo alla questione posta dagli Uffici territoriali in merito al perimetro di applicazione dell’obbligatorietà della certificazione dei contratti per il personale impiegato in servizi resi in ambienti sospetti di inquinamento o confinati in regime di appalto o subappalto.
Al riguardo, l’Ispettorato nazionale del lavoro, su concorde parere del Ministero del lavoro, con la nota del 24 gennaio 2024 n. 694 chiarisce che, se l’impiego del personale qualificato avviene in forza di un contratto di appalto, è obbligatorio certificare i contratti di lavoro del personale utilizzato dall’appaltatore, anche se si tratta di contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Non occorrerà invece certificare anche il contratto “commerciale” di appalto.
Le certificazioni possono essere utilizzate dall’appaltatore per tutta la durata dei rapporti di lavoro cui si riferiscono, a prescindere dalla circostanza che la certificazione sia stata effettuata in occasione di uno specifico appalto.
NOTA BENE: L’INL fa presente che, in linea con la volontà del legislatore, la certificazione dei contratti di lavoro è obbligatoria in tutte le ipotesi di esternalizzazione dell’attività produttiva, ivi compreso il subappalto ammesso (art. 2, comma 2, D.P.R. n. 177/2011) solo se è autorizzato espressamente dal datore di lavoro committente e certificato ai sensi del titolo VII, capo I del D.Lgs. n. 276/2003.
Organo di certificazione
A individuare l’organo di certificazione cui far riferimento è il luogo in cui è svolta l'attività, qualora ci si rivolga ad un soggetto che ha una competenza territoriale (Ispettorato del lavoro, Province, Consigli provinciali dell’Ordine dei consulenti del lavoro, Enti bilaterali regionali o provinciali)
Se ci si rivolge alle Università o alle Fondazioni Universitarie la certificazione può avvenire in ambito nazionale.
La Commissione di certificazione, evidenzia infine l’INL, “non può limitarsi a verificare la mera sussistenza dei requisiti organizzativi, ma dovrà approfondire, occupandosi delle tipologie contrattuali dei lavoratori impiegati e della loro esperienza professionale, del possesso del DURC in capo alle imprese, dell’applicazione integrale del CCNL, degli adempimenti compiuti dal committente in relazione alla verifica dell’idoneità tecnico-professionale”.
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