Alla Cassa commercialisti il proprio risparmio per la spending review
Pubblicato il 13 gennaio 2018
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Il Consiglio di Stato - sentenza 109 dell'11 gennaio 2018 - nell'accogliere il ricorso della Cassa nazionale dei dottori commercialisti (Cnpadc) contro la decisione del Tar Lazio (la 6103/2013), che obbligava la stessa a riversare ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato le riduzioni di spesa imposte dalla spending review della legge 135/2012 del Governo Monti, decide che i risparmi devono restare alla Cassa.
Motivazioni
Come ha affermato la Corte Costituzionale, nel riconoscere sussistente la violazione degli artt. 3, 38 e 97 Cost., “la scelta di privilegiare, attraverso il prelievo, esigenze del bilancio statale rispetto alla garanzia, per gli iscritti alla CNPADC, di vedere impiegato il risparmio di spesa corrente per le prestazioni previdenziali non è conforme né al canone della ragionevolezza, né alla tutela dei diritti degli iscritti alla Cassa, garantita dall’art. 38 Cost., né al buon andamento della gestione amministrativa della medesima”, in quanto:
- non è conforme a Costituzione “un prelievo strutturale e continuativo nei riguardi di un ente caratterizzato da funzioni previdenziali e assistenziali”;
- la previsione sottrae alla Cassa “risorse intrinsecamente destinate alla previdenza degli iscritti” e, ciò facendo “rischia di minare quegli equilibri che costituiscono elemento indefettibile dell’esperienza previdenziale autonoma”.
Pertanto, si dichiara la fondatezza dei motivi di appello:
- con essi si censura la “distrazione” dei fondi derivanti dalla contribuzione degli iscritti (a prescindere dalla loro natura e dalla natura giuridica della Cassa) dalla loro finalità tipica (sub lett. a1) ed a2) dell’esposizione in fatto);
- con essi si lamenta che il prelievo realizza un “depauperamento della massa gestita”, con una misura del prelievo non predeterminata in misura fissa dalla legge” (sub lett. b1) e b2) dell’esposizione in fatto).
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