Agevolazioni contributive, percorso ad ostacoli per la legittima fruizione

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Agevolazioni contributive, percorso ad ostacoli per la legittima fruizione

Con le legge di stabilità per l’anno 2007 e con i successivi principi generali sanciti dall’art. 31, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, il godimento delle agevolazioni contributive è subordinato ad un preliminare percorso ad ostacoli che contempla molteplici limiti e fattispecie, spesso disciplinate dal c.d. diritto circolatorio.

Certamente il tema degli sgravi correlati all’assunzione del personale dipendente è, da sempre, una delle questioni che più coinvolge imprese e professionisti nell’ambito delle risorse umane e che richiede un’attenta valutazione e, a volte, l’esecuzione di calcoli e prospetti utili ad evitare fastidiosi recuperi da parte dell’Istituto previdenziale.

Ci si riferisce, innanzitutto, alle regole introdotte con l’art. 1, commi 1175 e 1176, legge 27 dicembre 2006, n. 296, relative al possesso del Documento Unico di Regolarità Contributiva, al rispetto dei contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e degli altri obblighi di legge.

Con il successivo intervento del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, vengono messi in campo ulteriori limiti che precludono l’accesso alle agevolazioni contributive nel caso in cui l’assunzione:

  • costituisca l’attuazione di un obbligo preesistente;
  • violi il diritto di precedenza;
  • sia effettuata in sedi coinvolte da sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale;
  • sia riferibile ad un lavoratore licenziato nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che presenti assetti proprietari sostanzialmente coincidenti;
  • ove previsto, sia legata alle regole sull’incremento occupazionale netto.

Si aggiunga, infine, il rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti de minimis e, per il periodo emergenziale, i nuovi limiti del Temporary Framework attualmente valido sino al 31 dicembre 2021.

Si rammenta, sin d’ora, che per agevolazioni o incentivi contributivi ci si riferisce a condizioni che rappresentano una deroga all’ordinario regime contributivo, correlati alla costituzione e/o gestione dei rapporti di lavoro, sicché non rientrano nella nozione sopracitata eventuali regimi di sottocontribuzione legali che caratterizzano settori o tipologie contrattuali (es. agricoli o rapporti di apprendistato).  

Il Documento Unico di Regolarità Contributiva

Il DURC costituisce il documento che accerta la sussistenza della regolarità contributiva nei confronti di INPS, INAIL e Casse edili, con riferimento sia ai versamenti di contributi e premi che alla corretta trasmissione dei dati agli enti deputati al rilascio di detta certificazione.

Le regole per il rilascio della regolarità contributiva sono state disciplinate dal decreto interministeriale 30 gennaio 2015 e prevedono la verifica dei versamenti dovuti dall’impresa, concernenti tutte le gestioni previdenziali afferenti, scaduti sino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui è effettuata la verifica.

Ai fini del rilascio del documento si evidenzia che sussiste la regolarità anche in caso di:

  • rateizzazioni concesse da INPS, INAIL e Casse edili ovvero dagli agenti della riscossione;
  • sospensione dei versamenti concessi in forza di disposizioni di legge;
  • crediti in fase amministrativa oggetto di compensazione per la quale sia stato verificato il credito;
  • crediti in fase amministrativa in pendenza di contezioso giudiziario sino al passaggio in giudicato della sentenza;
  • crediti affidati all’agente della riscossione e sospesi ovvero per i quali sia pendente un ricorso giudiziario.

Si rammenta, altresì, che sussiste la regolarità contributiva nei casi di scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento alla singola gestione nella quale l’omissione si è determinata, per un importo pari o inferiore ad euro 150,00, comprensivi di eventuali oneri accessori.

A differenza delle violazioni concernenti il mancato rispetto dei contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dotate della maggiore rappresentatività comparata o dal mancato adempimento agli altri obblighi di legge, il DURC negativo comporta la revoca dei benefici normativi e contributivi per l’intera azienda.

Oltre ai casi di irregolarità sostanziale rispetto agli adempimenti ed ai versamenti dovuti agli enti previdenziali ed assistenziali, rientrano nelle cause ostative al rilascio del Documento Unico di Regolarità Contributiva le violazioni di natura previdenziale e in materia di tutela delle condizioni di lavoro individuate dall’allegato A al predetto decreto interministeriale, accertate con provvedimenti amministrativi o giurisdizionali definitivi.

Per ogni violazione, nella seguente tabella, sarà possibile notare il periodo di preclusione al rilascio del DURC. Le seguenti cause ostative, altresì, non sussistono qualora il procedimento penale si sia estinto a seguito di prescrizione obbligatoria o di oblazione ex artt. 162 e 162-bis, Codice penale.

Violazione

Periodo di non regolarità

Norme interessate

Rimozione o omissione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro

24 mesi

Art. 437, Cod. Penale

Omicidio colposo con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro

24 mesi

Art. 589, comma 2, Cod. Penale

Lesioni gravi derivanti da violazioni di norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro

18 mesi

Art. 590, comma 3, Cod. Penale

Violazioni particolarmente gravi in materia di sicurezza sul lavoro

12 mesi

Artt. 55, commi 1, 2 e 5, lett. a), b), c), d); 68, comma 1, lett. a), b); 87, commi 1, 2 e 3; 159, commi 1 e 2, lett. a), b); 165; 170; 178; 219; 262, commi 1 e 2 lett. a), b); 282, commi 1 e 2 lett. a); del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81

Prevenzione degli infortuni ed igiene del lavoro in sotterraneo

12 mesi

Art. 105, comma 1, lett. a) e b), D.P.R. n. 320/1956

Occupazione di lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno o con permesso scaduto senza rinnovo

8 mesi

Art. 22, comma 12, D. Lgs. n. 286/1988

Impiego di lavoratori senza regolare comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro

6 mesi

Art. 3, commi da 3 a 5, D.L. n. 12/2002, conv., con modificazioni dalla L. n. 73/2002

Disciplina dei riposi giornalieri e/o settimanali, esclusivamente nel caso in cui la violazione si sia verificata per almeno il 20% della manodopera regolarmente impiegata

3 mesi

Artt. 7 e 9, D. Lgs. n. 66/2003

Il rispetto degli accordi collettivi

Ai sensi dell’art. 1, comma 1175, a decorrere dal 1° luglio 2007, i benefici normativi e contributivi previsti dalla normativa in materia di lavoro e legislazione sociale sono subordinati al rispetto degli accordi e contratti collettivi nazionali, regionali, territoriali o aziendali, laddove sottoscritti, dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

Come ripetutamente affermato in giurisprudenza, negli accordi, post corporativi, sottoscritti dalle associazioni datoriali e dalle organizzazioni sindacali dotate della maggiore rappresentatività comparata, risiede il giusto parametro per l’individuazione della retribuzione conforme all’art. 36, Costituzione, e la chiave che possa uniformemente disciplinare una determinata categoria professionale.

In tal senso, senza volersi dilungare sul c.d. contratto collettivo di diritto comune, il legislatore ha inteso assicurare alla fruizione delle agevolazioni contributive la regolarità dei rapporti di lavoro conformemente alle regole e deroghe sancite dalla contrattazione collettiva di categoria.

Il termine “rispetto” utilizzato dal predetto comma 1175, alla luce delle ultime indicazioni della giurisprudenza e dell’INL, dopo oltre 15 anni di perdurante dibattito, deve essere interpretato nel senso che rileva il riscontro dell’osservanza da parte del datore di lavoro dei contenuti, normativi e retributivi, dei CCNL stipulati dalle OO.SS. comparativamente più rappresentative. In tal senso, dunque, l’impresa, ancorché aderente ad un CCNL c.d. minore, potrà beneficiare delle agevolazioni contributive e normative previste in materia di lavoro e legislazione sociale laddove rispetti la parte economica e normativa prevista dal diverso CCNL leader del comparto.

A mero titolo esemplificativo, potranno essere assoggettate a giudizio di equivalenza normativa gli istituti del:

  • lavoro supplementare;
  • lavoro straordinario, maggiorazioni e limiti massimi;
  • ore di permessi o riconoscimento di ex festività;
  • durata del periodo di prova;
  • durata del periodo di preavviso;
  • durata del periodo di comporto;
  • diritto all’integrazione delle prestazioni di malattia, infortunio, maternità, ecc.

La comparazione sotto il profilo economico, invece, passerà necessariamente dall’analisi della disciplina di derivazione collettiva concernente la classificazione dei lavoratori, i livelli di appartenenza, il numero di mensilità aggiuntive o la periodicità e gli importi degli scatti di anzianità.

Si rammenta che le prime indicazioni in materia di comparazione dei CCNL sono state precisate dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella circolare 28 luglio 2020, n. 2.

Quanto al rispetto dei contratti collettivi in trattazione si evidenzierà, nei seguenti paragrafi, l’ulteriore incidenza relativamente all’individuazione del c.d. imponibile contributivo.  

Gli altri obblighi di legge

Come per la mancata applicazione dei contratti collettivi dotati della maggiore rappresentatività comparata, il mancato rispetto degli altri obblighi di legge, menzionati dal medesimo comma 1175, assume rilevanza limitatamente al lavoratore cui i benefici si riferiscono ed esclusivamente per il periodo in cui si sia protratta la violazione.

Oltre alle regole introdotte dal Jobs Act, la fruizione delle agevolazioni contributive è subordinata, dunque, al rispetto degli altri obblighi di legge in materia di lavoro e legislazione sociale.

In primis, la comunicazione di instaurazione o la modifica del rapporto di lavoro: in caso contrario, vi sarà la perdita di quota parte dell’incentivo per il periodo compreso dall’inizio del rapporto agevolato e la data tardiva della comunicazione.

In secundis e correlata con i CCNL di cui sopra, il rispetto del c.d. minimale contributivo. Ai sensi dell’art. 1, comma 1, decreto legge n. 338/1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 389/1989, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quella prevista dal contratto collettivo.

L’avverbio comparativamente arriva, poi, solo successivamente all’interpretazione autentica operata dall’art. 2, comma 25, legge 28 dicembre 1995, n. 549,  a mente del quale, in caso di pluralità di contratti collettivi, la retribuzione da assumere come base di calcolo per il pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contrati collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi della categoria.

Sostanzialmente, dunque, la contribuzione previdenziale ed assistenziale dovrà essere calcolata sul maggior importo tra contratto individuale, contratto collettivo (comparativamente più rappresentativo) e minimale legale.

Giova, infine, rammentare che in ragione dell’autonomia del rapporto contributivo rispetto alle vicende dell’obbligazione retributiva, gli oneri previdenziali potranno non essere sempre parametrati alle retribuzioni effettivamente corrisposte dal datore di lavoro.

In tal senso, eventuali ore di assenza non retribuita che non trovino giustificazione nella disciplina legale o contrattuale porteranno, necessariamente, al mancato rispetto della regola del minimale contributivo, salvo appunto, versare interamente la contribuzione del periodo di competenza.

Parimenti, eventuali accordi di sospensione consensuale intervenuta tra le parti del rapporto lavorativo non può determinare la sospensione dell’obbligazione contributiva, sicché il mancato versamento della contribuzione dovuta per il singolo periodo di competenza potrà portare al recupero dei benefici normativi e contributivi.

Alla luce di quanto sin ora trattato, il recupero delle agevolazioni contributive da parte degli enti preposti avverrà secondo la tabella seguente:

Caso

Azienda

Lavoratore

DURC Negativo a seguito di mancata o parziale regolarizzazione della posizione debitoria

X

 

DURC negativo ai sensi dell’all. A, D.M. 30 gennaio 2015

X

 

Accertamento ispettivo, con riflessi sulla posizione contributiva, non regolarizzato nei termini

X

 

Accertamento ispettivo, con riflessi sulla posizione contributiva, regolarizzato nei termini

 

X

Violazione non contributiva non regolarizzata

 

X

Violazione non contributiva, regolarizzata ante ispezione

Nessuna revoca

I principi generali per la fruizione delle agevolazioni

I principi generali in materia di fruizione delle agevolazioni contributive sono stati riordinati dall’art. 31, decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 150, secondo cui:

  1. gli incentivi non spettano se l’assunzione costituisce attuazione di un obbligo preesistente stabilito da norme di legge o della contrattazione collettiva;
  2. gli incentivi non spettano se l’assunzione viola il diritto di precedenza, stabilito dalla legge o dal contratto collettivo, alla riassunzione di un altro lavoratore licenziato da un rapporto a tempo indeterminato o cessato da un rapporto a termine;
  3. gli incentivi non spettano se il datore di lavoro ha in atto sospensioni dal lavoro connesse ad una crisi o riorganizzazione aziendale, salvo i casi in cui l’assunzione avvenga per lavoratori inquadrati ad un livello diverso da quello posseduto dai lavoratori sospesi o da impiegare in diverse unità produttive;
  4. gli incentivi non spettano con riferimento a quei lavoratori che sono stati licenziati nei sei mesi precedenti da parte di un datore di lavoro che, al momento del licenziamento, presentava assetti proprietari sostanzialmente coincidenti con il datore di lavoro che assume ovvero che con questi abbia rapporti di collegamento o di controllo;
  5. nel caso in cui la fruizione dell’incentivo sia legata al c.d. incremento occupazionale netto, il calcolo dovrà essere effettuato mensilmente, confrontando il numero di lavoratori dipendenti equivalente a tempo pieno del mese di riferimento con quello medio dei dodici mesi precedenti, escludendo dalla base di computo i lavoratori che abbiano abbandonato il posto di lavoro a causa di dimissioni volontarie, invalidità, pensionamento per raggiunti limiti di età, riduzione volontaria dell’orario di lavoro o licenziamento per giusta causa.

Quanto alla regola di cui al punto a), ci si riferisce, ad esempio, alle ipotesi in cui:

  • l’impresa proceda a riassumere un lavoratore precedentemente in forza a seguito di esercizio del diritto di precedenza, anche nelle ipotesi di trasferimento d’azienda senza passaggio immediato di tutti i lavoratori (art. 47, comma 6, legge 29 dicembre 1990, n. 428);
  • vi sia un cambio d’appalto, con clausole sociali inserite negli accordi collettivi che comportano la riassunzione del personale presso la nuova impresa appaltatrice.

Per quanto concerne l’attuazione di un obbligo preesistente in virtù dell’esercizio del diritto di precedenza previsto dall’art. 24, decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, si rileva che qualora la riassunzione intervenga entro il termine di sei mesi – salvo il caso in cui trattasi di lavoratori stagionali, con diritto di richiedere la precedenza alle assunzioni entro tre mesi dalla cessazione del rapporto – ancorché il lavoratore non abbia comunicato al datore di lavoro di voler esercitare il diritto de quo, non si potrà legittimamente godere di eventuali sgravi contributivi in ragione dell’esplicita manifestazione di volontà ad essere riassunto. Diversamente, decorso il termine di sei mesi, non potendo più il dipendente esercitare il diritto ex art. 24, il datore di lavoro potrà beneficiare degli sgravi contributivi.

In materia di violazioni del diritto di precedenza si rammenta che, come precisato dall’interpello n. 7/2016 del Ministero del Lavoro, nelle more o in mancanza di un’espressa volontà ad essere riassunti, entro i termini di legge, il datore di lavoro può legittimamente fruire delle agevolazioni contributive per l’assunzione di altri lavoratori o per la trasformazione a tempo indeterminato di rapporto in essere.

Chiaramente, laddove il datore di lavoro proceda all’assunzione di un nuovo lavoratore, negando il diritto di precedenza legittimamente esercitato da un precedente dipendente, tale ultima assunzione non potrà godere dei benefici normativi e contributivi.

Le sospensioni per crisi o riorganizzazione aziendale non sono preclusive al godimento degli sgravi contributivi nelle ipotesi in cui la nuova assunzione incentivata intervenga per l’assunzione di lavoratori con mansioni differenti rispetto a quelle dei lavoratori sospesi e/o se intervenute in una diversa unità produttiva rispetto a quella nella quale è in atto la sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

La regola sancita dalla lett. d), concernente i c.d. assetti proprietari coincidenti, è, invece, volta ad arginare eventuali usi fraudolenti delle agevolazioni contributive. La precedente locuzione deve essere interpretata in senso lato, sicché dovrà porsi attenzione rispetto al c.d. nucleo proprietario, quale organo in grado di ideare o far attuare azioni di ristrutturazione concernenti il licenziamento di taluni dipendenti da un’azienda e la loro riassunzione su un’altra impresa.

Tale preclusione opera anche con riferimento alle società controllate o collegate che, ai sensi dell’art. 2359, Codice Civile, vengono identificate:

  • nelle società in cui un’altra società dispone della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria;
  • nelle società in cui un’altra società dispone di voti sufficienti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea ordinaria;
  • nelle società che sono sotto influenza dominante di un’altra società in virtù di particolari vincoli contrattuali con essa (l’influenza dominante si presume allorquando si sia in presenza di almeno 1/5 dei voti in assemblea ordinaria o 1/10 dei voti se la società è quotata in mercati regolamentati).

L’ultima prescrizione dell’art. 31, comma 1, è quella relativa all’incremento occupazionale netto.

Premesso che la predetta indicazione vige esclusivamente per le agevolazioni che ne richiedono la sussistenza, la giurisprudenza comunitaria (Corte di Giustizia, sent. C415-07 del 2 aprile 2009) ed anche il Ministero del Lavoro (interpello n. 34/2014) hanno chiarito che non può farsi riferimento alla forza stimata al momento dell’assunzione incentivata. La verifica del raggiungimento occupazionale netto deve essere operata mensilmente, raffrontando il numero medio di ULA dell’anno precedente all’assunzione con il numero medio di ULA dell’anno successivo all’assunzione,

I limiti de minimis e la normativa comunitaria

La normativa sui limiti agli aiuti di Stato soggetti al de minimis è stata introdotta dalla Commissione europea con il Regolamento UE n. 1407/2013, e concerne gli aiuti di piccola entità non soggetti a verifica preventiva ex art. 108, par. 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Gli incentivi alle assunzioni sono spesso subordinati ai limiti previsti dal predetto regolamento, che fissano i parametri di misurazione negli ultimi tre esercizi finanziari, intesi come l’annualità in corso e le due precedenti. In tale ambito, il tetto massimo di aiuti utilizzabile è pari a:

  • € 200.000 per la generalità delle imprese;
  • € 100.000 per le imprese del settore trasporto merci su strada per conto terzi;
  • € 15.000 per le imprese che operano nel settore di produzione primaria di prodotti agricoli.

Per far fronte all’emergenza epidemiologica da Covid-19, la Commissione europea, con la decisione C(2020) 1863 final, ha innalzato i predetti limiti, dichiarando compatibili con il mercato interno gli aiuti che rispettino le seguenti condizioni:

  • siano di importo non superiore a 1.800.000 euro per impresa ovvero a 270.000 euro per i settori della pesca e dell’acquacoltura;
  • siano concessi ad imprese che non fossero già in difficoltà al 31 dicembre 2019;
  • in deroga al punto precedente e limitatamente alle micro e piccole imprese, ancorché risultanti in difficoltà al 31 dicembre 2019, non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o la ristrutturazione.

Tale quadro temporaneo (Temporary framework) è stato ripetutamente esteso dall’organo europeo nel corso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19. Dopo la quinta proroga (Comunicazione C2021/C34/06, che ha portato al 31 dicembre 2021 il quadro delle misure di aiuto, con la Comunicazione C(2021) 8442 è stato esteso il predetto quadro temporaneo sino al 30 giugno 2022.

 

QUADRO NORMATIVO

Legge 27 dicembre 2006, n. 296

Decreto Legislativo 14 settembre 2015, n. 150

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