Accesso a informazioni bancarie riservate se pertinenti alla causa o per difesa

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Accesso a informazioni bancarie riservate se pertinenti alla causa o per difesa

Le autorità nazionali di vigilanza finanziaria possono divulgare informazioni coperte dal segreto professionale a chi ne faccia richiesta per garantire i propri diritti di difesa o per il loro utilizzo nell’ambito di un procedimento civile o commerciale.

Le autorità e i giudici nazionali competenti sono chiamati, in questo contesto, ad effettuare un bilanciamento tra gli opposti interessi delle parti, ovvero l’interesse del richiedente a disporre delle informazioni medesime e gli interessi legati al mantenimento della riservatezza delle informazioni coperte dall’obbligo del segreto professionale.

E’ quanto si desume da due sentenze depositate il 13 settembre 2018 dalla Corte di giustizia europea, relativamente alle cause C-358/16 e C-594/16.

Accesso a documenti di Banca d'Italia per avviare un giudizio civile o commerciale 

Nel dettaglio, quest’ultimo procedimento (C-594/16) era stato attivato con riferimento alla vicenda di un cittadino italiano, titolare di un conto corrente aperto presso un istituto di credito, che aveva chiesto alla Banca d’Italia di poter accedere a vari documenti relativi alla vigilanza sulla propria banca, dopo che questa era stata sottoposta a procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Il risparmiatore, infatti, posto che aveva ricevuto solo un rimborso parziale dal Fondo interbancario di tutela dei depositi, chiedeva di ottenere informazioni supplementari per valutare l’opportunità di agire in giudizio per il risarcimento dei danni subiti.

Bankitalia aveva parzialmente respinto la richiesta sull’assunto che alcuni dei documenti domandati contenevano informazioni riservate, coperte dall’obbligo del segreto professionale ad essa incombente.

Da qui, l’avvio di una causa dinanzi agli organi giurisdizionali amministrativi italiani, nell’ambito della quale era stata sollevata domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione dell’articolo 53, paragrafo 1, della direttiva 2013/36/UE sull’accesso all’attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale sugli enti creditizi e sulle imprese di investimento.

I giudici europei si sono pronunciati in merito alla corretta interpretazione di questa disposizione, ammettendo la possibilità che le autorità competenti degli Stati membri divulghino informazioni riservate a una persona che ne faccia richiesta per poter avviare o dare corso ad un procedimento civile o commerciale volto alla tutela di interessi patrimoniali lesi a seguito della messa in liquidazione coatta amministrativa di un ente creditizio.

Condizioni per accedere agli atti di vigilanza: informazioni pertinenti al procedimento

Questo – è stato precisato – a condizione che la domanda di divulgazione riguardi informazioni in merito alle quali il richiedente fornisca indizi precisi e concordanti che lascino plausibilmente supporre che esse risultino pertinenti ai fini di un procedimento civile o commerciale, "il cui oggetto dev’essere concretamente individuato dal richiedente e al di fuori del quale le informazioni di cui trattasi non possono essere utilizzate".

Bilanciamento degli interessi: al giudice nazionale e alle autorità competenti

Spetta, quindi, alle autorità e ai giudici competenti effettuare, prima di procedere alla divulgazione di ciascuna delle informazioni riservate richieste, un bilanciamento tra l’interesse del privato a disporre delle informazioni richieste e gli interessi legati al mantenimento della riservatezza delle informazioni coperte dall’obbligo del segreto professionale.

Accesso a garanzia dei diritti di difesa

L’altra controversia (C-358/16) era stata attivata nell’ambito di un giudizio tra la Commissione lussemburghese di vigilanza del settore finanziario e un amministratore di un ente creditizio, vigilato dalla prima, a cui era stato ingiunto di dimettersi dalle sue funzioni in quanto ritenuto non più affidabile.

L’amministratore, per poter provvedere alla sua difesa, aveva chiesto alla Commissione di trasmettergli alcuni documenti raccolti nell’ambito della sua attività di vigilanza, documenti che, però, gli erano stati negati in funzione del segreto professionale.

La Corte amministrativa di Lussemburgo, successivamente adita, aveva avanzato domanda di pronuncia pregiudiziale davanti alla Corte europea riguardante, in questo caso, l’interpretazione dell’articolo 54, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2004/39/CE relativa ai mercati degli strumenti finanziari.

La Corte di giustizia, nella propria decisione, ha sottolineato che l’obbligo di segreto professionale va garantito e attuato in modo da conciliarlo con il rispetto dei diritti della difesa.

Spetta al giudice nazionale competente, pertanto, prima di decidere sulla trasmissione di ciascuna delle informazioni richieste, verificare se le stesse siano oggettivamente connesse alle accuse e, in caso affermativo, trovare un equilibrio tra l’interesse del soggetto di cui si tratta ad ottenere le informazioni necessarie per essere in grado di esercitare pienamente i diritti di difesa e gli interessi a mantenere la riservatezza di informazioni soggette all’obbligo del segreto professionale.

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