Unione Camere Penali. Alla Consulta per difendere il diritto di astensione degli avvocati
Pubblicato il 05 luglio 2018
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L’Unione delle Camere Penali Italiane ha discusso di fronte alla Corte Costituzionale la questione riguardante l’astensione dalle udienze degli avvocati e la continuazione dei procedimenti dove vi sia un imputato in stato di custodia cautelare o di detenzione. La notizia arriva dalla nota del 4 luglio 2018
Il nodo riguarda il giudizio incidentale instaurato dal Tribunale di Reggio Emilia (ordinanze n. 75 e 76 del 2017) che sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art 2 bis della Legge 13.06.1990, n. 146, nella parte in cui consente che il Codice di Autoregolamentazione delle astensioni dalle udienze degli avvocati, stabilisca all’art. 4, comma 1, lett. b), che nei procedimenti e nei processi in relazione ai quali l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare o di detenzione, analogamente a quanto previsto dall’art 420 ter, comma 5, cpp si proceda malgrado l’astensione del difensore solo ove l’imputato lo consenta.
Durante l’intervento, le Camere Penali hanno eccepito l’inammissibilità della questione per violazione dell’art. 23, n. 2, Legge n. 87/53, in quanto il tribunale non ha sospeso il giudizio, a riprova che la questione non è rilevante per il proseguimento del processo.
La Corte Costituzionale si è riservata.
Giunta dell'UCPI a favore della riforma dell'art. 123 c.p.p.
Con una lettera inviata al ministro della Giustizia e ai Presidenti delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, la Giunta UCPI chiede che venga integrato l’art. 123 c.p.p. inserendo il comma 2 bis: “Le dichiarazioni, ivi compresa la nomina di difensore, le impugnazioni e le richieste di cui ai commi 1 e 2 sono contestualmente comunicate anche al difensore nominato. Tale attività potrebbe avvenire servendosi dell’elenco degli indirizzi di posta elettronica certificata degli Avvocati, già in possesso dell’Amministrazione Penitenziaria e non comporterebbe alcun sovraccarico di lavoro per i dipendenti".
La modifica risponde alla necessità di ovviare alla mancanza, nell’attuale normativa, della previsione di una comunicazione al difensore di fiducia nominato. A ciò si aggiunga che per il difensore non è prevista alcuna notizia neanche dell’atto di nomina formulato in carcere.
Ciò comporta una violazione del diritto di difesa, perché il detenuto potrebbe credere che l’avvocato sia stato avvisato della nomina e quindi sentirsi tutelato.
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