Rito Fornero. Consulta: stesso giudice per ricorso e opposizione

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"...il fatto che entrambe le fasi di detto unico grado del giudizio possano essere svolte dal medesimo magistrato non confligge con il principio di terzieta` del giudice". E' escluso che “la fase oppositoria (nell’ambito del giudizio di primo grado)(...) possa configurarsi come la riproduzione dell’identico itinerario logico decisionale già seguito per pervenire all’ordinanza opposta”.

Mette nero su bianco la Consulta – sentenza n. 78 depositata il 13 maggio 2015 - chiamata, dal tribunale di Milano, a decidere in merito alle controversie sui licenziamenti trattate con il rito Fornero e, nello specifico, nella parte in cui non prevede l’obbligo di astensione per l’organo giudicante (persona fisica) investito del giudizio di opposizione che abbia già pronunciato l’ordinanza che decide in via semplificata sul ricorso del lavoratore.

Motivazioni

L’opposizione non ha il medesimo oggetto dell’ordinanza, che verte su un ricorso semplificato e sulla base di pochi, indispensabili, atti istruttori. L’opposizione ha una portata più ampia e può investire anche diversi profili soggettivi (intervento di terzi) e oggettivi (nuove domande fondate sui medesimi fatti costitutivi).

La conclusione è che non sussiste contrasto del rito con gli articoli 24 e 111 della Costituzione, che riguardano la lesione del diritto della tutela giurisdizionale sotto il profilo dell’esclusione dell'imparzialità del giudice.

Pertanto, non deve esserci obbligo di astensione del giudice dell’opposizione anche se è lo stesso che ha emesso l’ordinanza oggetto dell’impugnazione.

Di più. Per la Corte costituzionale il fatto che le due fasi del medesimo grado di giudizio si svolgano davanti allo stesso giudice è vantaggiosa per il lavoratore, poiché funzionale all’attuazione del principio del giusto processo, per il profilo della sua ragionevole durata: il lavoratore, “in virtù dell’effetto anticipatorio (potenzialmente idoneo anche ad acquisire carattere definitivo) dell’ordinanza che chiude la fase sommaria, può conseguire una immediata, o comunque più celere, tutela dei propri diritti, mentre la successiva, ed eventuale, fase a cognizione piena è volta a garantire alle parti, che non restino soddisfatte dal contenuto dell’ordinanza opposta, una pronuncia più pregnante e completa.”.
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