Rimborsi Iva se c’è la firma

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La Cassazione, con la sentenza n. 22018/2006, prende posizioni sull’argomento dei rimborsi Iva e sancisce il principio secondo cui la dichiarazione Iva non sottoscritta dal contribuente preclude il rimborso dell’imposta indicata a credito. Il richiamo di legge è l’articolo 8 del Dpr 322/98 che rinvia per quanto attiene alla sottoscrizione, presentazione e conservazione della dichiarazione Iva alle stesse regole prescritte per le imposte sui redditi e l’Irap (ex articolo 1 del decreto stesso). In sostanza, dunque, la dichiarazione Iva deve essere sottoscritta a pena di nullità del contribuente, o da chi ne ha la rappresentanza legale o negoziale. Ma si tratta di nullità sanabile, in quanto la dichiarazione si considera valida se il soggetto la sottoscrive entro 30 giorni dall’invito dell’Amministrazione fiscale. In altri termini, con la sentenza in esame, i giudici ribadiscono l’importanza della sottoscrizione della dichiarazione anche ai fini dell’individuazione dell’autore della stessa, non essendo dunque sufficiente la sola correttezza di tutti i dati anagrafici e fiscali per poter correttamente riferire il documento ad un certo soggetto. Inoltre, la dichiarazione Iva non può ridursi ad un semplice riepilogo di operazioni attive e passive, ma è espressione di un’attività di aggregazione ordinaria di dati al fine di determinare correttamente l’ammontare dell’imposta. In conclusione, quindi, la nullità della dichiarazione comporta l’invalidità dell’annessa richiesta di rimborso dell’imposta, poichè secondo di Cassazione la relativa sanatoria prevista dalla legge investe tutti i profili del rapporto giuridico tributario, compresa la restituzione del tributo.

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