L’addebito scatta anche se l’adulterio non è consumato

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La Cassazione, con sentenza n. 15557/2008, ha confermato le due precedenti decisioni di merito con le quali era stata riconosciuta la separazione di due coniugi con addebito al marito. Il comportamento di quest'ultimo, anche senza la dimostrazione del suo rapporto sentimentale con una collega di lavoro, aveva offeso la dignità e l'onore della moglie. Inoltre lo stesso non aveva dimostrato in alcun modo che l'affectio coniugalis fosse venuto meno. Proprio i comportamenti contestati alla moglie nonché il riconoscimento da parte dell'appellante di un rapporto di amicizia con la collega avrebbero confermato che l'unica causa di frattura del rapporto coniugale fosse proprio la relazione stabile con l'altra donna. Secondo la Cassazione, la Corte di Appello aveva correttamente applicato il principio secondo cui la separazione è addebitabile ex art. 151 c.c. quando la relazione di un coniuge con un soggetto esterno alla coppia dia luogo a comprensibili sospetti di infedeltà. Anche se tale rapporto non si sia tradotto in adulterio occorre considerare lo stesso comunque lesivo della dignità e dell'onore del consorte. L'obbligo di fedeltà, precisa la Corte, è da intendere come impegno a non tradire la reciproca fiducia. Vanno quindi sacrificati gli interessi e le scelte individuali di ogni coniuge in conflitto con gli impegni e le prospettive di vita comune.

Di seguito alcune pronunce giurisprudenziali in materia di crisi coniugale. Con sentenze n. 13431/2008 e n. 14162/2001 la Cassazione ha sottolineato che l'infedeltà consiste in una violazione particolarmente grave e sufficiente da sola a determinare l'addebito sempre che sussista nesso di causalità tra il tradimento e la crisi coniugale. Secondo altra pronuncia (n. 17056/2007) la Suprema Corte ha affermato che l'abbandono della casa coniugale è causa di addebito quando non si provi che è stato determinato dal comportamento dell'altro coniuge; non è, in proposito, sufficiente provare l'infedeltà del consorte ma occorre dimostrare che il tradimento abbia reso intollerabile la prosecuzione della convivenza . La Cassazione, inoltre, con pronuncia n. 14162/2001 ha sottolineato come l'intollerabilità della convivenza debba essere svolta sulla base di una valutazione globale effettuata dal giudice di merito mentre, nel caso di mancato raggiungimento della prova che il comportamento contrario ai doveri coniugali sia stato la causa efficiente della crisi matrimoniale, viene pronunciata separazione senza addebito (sentenza n. 12383/2005). Secondo la Corte (sentenza n.19450/2007) l'addebito della separazione implica la sussistenza di comportamenti contrari ai valori costituzionali a prescindere dalla convinzione soggettiva di chi li pone in essere. Per altra pronuncia (n. 1202/06) l'addebito della separazione ad un coniuge non può essere confermato in caso di legittimo allontanamento dell'altro dalla casa familiare per giusta causa. In ogni caso, l'orientamento costante in giurisprudenza afferma che è il giudice di merito a dover valutare l'addebito della separazione dopo aver accertato che il comportamento sia il vero motivo della crisi e non la conseguenza (sentenza n. 9877/2006).

Allegati Anche in
  • ItaliaOggi, p. 23 – Sul tradimento verifiche rigorose
  • ItaliaOggi, p. 23 – L’infedeltà platonica costa cara – Alberici
  • ItaliaOggi, p. 23 – Le valutazioni sull’addebito spettano al giudice di merito
  • ItaliaOggi, p. 23 – Diversi stili di vita? Possibile lasciare la casa familiare

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