La sospensione dell’attività imprenditoriale con contestuale revoca
Pubblicato il 05 agosto 2011
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Il legale rappresentante dell'impresa che gestisce il negozio di abbigliamento regolarizza il lavoratore in nero prima che gli ispettori del lavoro terminino gli accertamenti iniziali e rilascino il verbale di primo accesso. Gli ispettori adottano provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale e contestualmente lo revocano per l’avvenuta regolarizzazione del lavoratore in nero. Il legale rappresentante dell'impresa paga € 1.500,00 per la revoca della sospensione. È legittimo il comportamento degli ispettori?
In data 20/12/2010, alle ore 10.00, gli ispettori del lavoro effettuano un accesso ispettivo presso un negozio di abbigliamento.
In occasione dell’accertamento i funzionari constatano la presenza nel locale di cinque lavoratori, i quali dichiarano di prestare attività alle dipendenze dell’impresa che gestisce il negozio di abbigliamento.
Dai riscontri documentali il personale ispettivo verifica che l’organico complessivo dell'impresa è di dieci unità e che l'assunzione di uno dei cinque lavoratori occupati all’interno del negozio, non risulta comunicata al Servizio per l’impiego territorialmente competente, sebbene costui abbia cominciato a lavorare all'interno del negozio da una settimana (il suo nominativo, inoltre, non figura nemmeno dagli adempimenti di carattere contributivo assolti il 16/12/2010).
Nel corso della redazione del verbale di primo accesso ispettivo e prima della conclusione delle operazioni di accertamento e di notifica, il legale rappresentante dell'impresa, dopo aver tempestivamente consultato il proprio consulente, esibisce al personale ispettivo tutta la documentazione occorrente per l’assunzione del lavoratore in nero, ivi compresa la comunicazione al Servizio per l’Impiego competente, recante tuttavia un orario di trasmissione telematica successivo all’accesso eseguito dal personale ispettivo.
Gli ispettori del lavoro concludono le operazioni adottando e notificando verbale di sospensione dei lavori, con contestuale revoca dello stesso e irrogando, salve le ulteriori sanzioni correlate all’impiego di manodopera irregolare, la sanzione di €. 1.500,00; la ricevuta del versamento di tale importo veniva consegnata agli ispettori unitamente alla documentazione di regolarizzazione sopra indicata.
Ciò premesso occorre chiedersi se l’operato del personale ispettivo sia stato o meno illegittimo ed eventualmente quali rimedi può approntare l'impresa.
I presupposti per l’adozione del provvedimento di sospensione
a) Lavoro in nero
Condizione necessaria, ancorché non sufficiente, per l'adozione del provvedimento di sospensione dell'attività imprenditoriale è il riscontro, da parte del personale ispettivo, dell’impiego da parte dell’impresa “[…] di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro […]” in altre parole di personale in nero.
Atteso che il rapporto di lavoro in nero è cominciato una settimana prima dell’accesso ispettivo, in applicazione del principio tempus regit actum, occorre prendere in esame l’art. 4 della L. 183/2010. Tale norma, per stabilire se un rapporto di lavoro sia o meno in nero, considera dirimente l’effettuazione, da parte del datore di lavoro, della comunicazione preventiva di assunzione al Servizio per l’impiego territorialmente competente, ovvero l’adempimento per il lavoratore degli oneri contributivi, come d’altro conto precisato allo stesso Ministero del Lavoro con circolare n. 38/2010.
A dir la verità, anche prima del c.d. Collegato lavoro, il Ministero del Lavoro, tramite circolare n. 33/2009, aveva interpretato restrittivamente la normativa riguardante l'occupazione di lavoratori in nero. Tale atto, nel fornire indicazioni in merito all’adozione del provvedimento di sospensione, ha precisato che per lavoratore in nero deve intendersi “il lavoratore impiegato senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro al Centro per l’Impiego ovvero previa comunicazione ad altri Enti come richiesto dalla tipologia contrattuale (v. ad. es. lavoratore accessorio)”.
Sicché, alla luce di tale assetto normativo è possibile fissare un primo punto essenziale: il rapporto di lavoro deve ritenersi in nero, considerato che l'impresa non aveva effettuato la preventiva comunicazione al Servizio per l’Impiego, né aveva assolto i prescritti adempimenti contributivi.
Ai fini del provvedimento di sospensione, non rileva la natura del rapporto di lavoro irregolare riscontrato, sia esso subordinato o autonomo (salvo la fattispecie prevista dall'art. 2222 c.c.). Invece, l’esatta qualificazione di tale rapporto assume significato ai fini dell’applicazione della c.d. maxi-sanzione. Quest'ultima, ormai, può essere irrogata solo laddove venga rigorosamente riscontrata la sussistenza di un irregolare rapporto di lavoro di carattere subordinato.
b) Il superamento del limite del 20%
Chiarito pertanto che il rapporto di lavoro in oggetto doveva ritenersi irregolare, occorre passare ad esaminare gli ulteriori presupposti del provvedimento di sospensione.
In merito a ciò il Ministero del Lavoro è intervenuto con circolare n. 33 del 2009 (sopra citata), la quale ha fornito ampie specifiche quanto agli ambiti applicativi del provvedimento, anche sotto il profilo spaziale e temporale, e sottolineandone la natura cautelare e sanzionatoria.
Per i fini che interessano va rilevato preliminarmente che l’art. 14 del D.lgs. n. 81 cit. postula l’adozione dell’atto di sospensione laddove l’impiego di manodopera irregolare sia in misura pari o superiore al 20% del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro. Tale parametro pertanto dovrà essere commisurato al totale dei lavoratori, sia essi regolari sia irregolari, presenti nel luogo di lavoro ove è stato effettuato l’accesso ispettivo, e non già con riferimento al complessivo organico aziendale dislocato in varie sedi.
Pertanto, se è vero che l’impresa aveva un organico aziendale di dieci unità, è altrettanto vero che solo cinque di costoro erano occupati all'interno del negozio e che uno di essi non era in regola.
Il lavoratore in nero rappresenta il 20% della manodopera impiegata nel negozio e, pertanto, anche tale requisito deve ritenersi soddisfatto ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione, i cui effetti riguardano esclusivamente, non tutta l'impresa, ma solo tale negozio.
c) La motivazione del provvedimento di sospensione
Quanto infine ai presupposti che connotano la natura dell’atto, deve rilevarsi che la discrezionalità e la finalità cautelare dello stesso, sebbene labilmente affermati nella circolare n. 33 cit., sono stati invece significativamente evidenziati dalla Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittimi i provvedimenti di sospensione carenti di motivazione.
Sicché l’adozione dell’atto stesso postula, da parte dell’organo ispettivo, una effettiva illustrazione delle ragioni giuridiche e di fatto atte a consentire, in conformità ai principi di buon andamento e d’imparzialità della Pubblica Amministrazione, un controllo sulla correttezza, coerenza e sulla logicità del decisum contenuto nel provvedimento.
Tali principi pare siano stati disattesi dagli ispettori del lavoro, giacché in assenza di motivazione e in carenza di un'effettiva situazione pregiudizievole per il lavoratore in nero, già regolarizzato dall’impresa antecedentemente all’emanazione del provvedimento di sospensione, hanno comunque proceduto all’adozione e alla contestuale revoca di quest’ultimo atto, riducendo così la funzione cautelare della sospensione ad una logica sanzionatoria, volta, invero, al pagamento della somma di €. 1.500,00.
L'organo ispettivo non ha effettuato una valutazione basata sulle esigenze cautelari, ma ha limitato il suo operato a un fine meramente punitivo, duplicando, di fatto, la sanzione per lavoro nero già prevista dall’art. 4 comma 1 della L. n. 138 cit..
Alla luce di tali considerazioni può ritenersi, pertanto, che l’adozione degli atti di sospensione e di contestuale revoca, e l’irrogazione della sanzione di €. 1.500,00, non avessero giustificazione, perché già a monte erano carenti i concreti presupposti di tali provvedimenti. Circostanza quest’ultima, peraltro, confermata dalla nota del Ministero del Lavoro Prot. n. 25/II/0013806/MA003.A004 del 30/07/2010 che nel riscontrare l’istanza sollevata dalla DPL di Catanzaro, ha precisato che, salvi gli illeciti amministrativi connessi all’impiego di lavoratori in nero, “[…] se prima dell’adozione e conseguente notificazione al datore di lavoro del provvedimento [di sospensione] non ne sussistono più i requisiti di legge, a seguito della regolarizzazione spontanea dei lavoratori, effettuata nel corso del primo accesso ispettivo, vengono meno i presupposti per l’adozione dello stesso, considerate le finalità cautelari che lo contraddistinguono".
In definitiva, si ritiene che l’impresa potrà chiedere alla DPL la rimozione in autotutela degli atti di sospensione e di revoca, con la contestuale richiesta di rimborso della somma di €. 1.500,00 ovvero impugnare tali provvedimenti entro 30 giorni dalla notificazione avanti alla Direzione Regionale del Lavoro territorialmente competente, formulando in caso di esito vittorioso, istanza di rimborso, fatte salve eventuali ulteriori pretese risarcitorie.
NOTE
i Il provvedimento di sospensione trova la propria ragion d’essere nell’art. 14 del T.U. n. 81/08: “al fine di far cessare il pericolo per la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori, nonché di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso e irregolare […] gli organi di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali […], possono adottare provvedimenti di sospensione in relazione alla parte dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni quando riscontrano l’impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 20 per cento del totale dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro […]”. Le condizioni per la revoca del provvedimento di sospensione sono state anch’esse fissate dall’art. 14 comma IV che prevede alla lett. a) “la regolarizzazione dei lavoratori non risultanti dalle scritture o da altra documentazione obbligatoria” e alla lett. c) “ il pagamento di una somma aggiuntiva […] pari a 1.500 euro […].
ii L’accertamento pregiudiziale circa l’occupazione irregolare di manodopera è disciplinato a sua volta dall’art. 3 comma 3 del D.L. n. 12/2002, così come sostituito prima dal comma 7 dell’art. 36-bis D.L. n. 223/06, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e poi dalla lettera a) del comma 1 dell’art. 4 della L. n. 183 del 4 novembre 2010, c.d. Collegato lavoro alla manovra finanziaria 2010.
iii Ogni atto è regolato dalla legge del tempo in cui esso si verifica.
iv Disciplinata dall’art. 1, comma 1180, legge n. 296/2006.
v Infatti, per effetto dell’art. 4 della L. n. 183 cit. (c.d. Collegato lavoro) e diversamente dalla pregressa disciplina (cfr. come interpretata dal Ministero del Lavoro con circolare n. 25 del 4 luglio 2007) la maxi-sanzione può essere applicata per irregolari rapporti di lavoro di natura esclusivamente subordinata, attese le indicazioni in tal senso fornite anche dal Ministero del lavoro dapprima con circolare n. 33 del 2009 e poi ribadite con circolare n. 38 del 2010.
vi Così come disciplinato dall’art. 14 del D.lsg. n. TUIS n. 81 cit..
vii Sentenza n. 310 del 5 novembre 2010. In particolare, il Giudice delle Leggi, nell’accogliere i rilievi mossi dall’ordinanza di remissione n. 2074/2009 del TAR Liguria, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 14 comma 1 del D.lgs. n. 81 cit. nella parte in cui stabilisce che ai provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale non si applicano le disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e segnatamente delle regole relative alla motivazione degli atti stabilite dall’articolo 3, comma 1, della legge n. 241/1990.
viii Si precisa che per conseguire la revoca del provvedimento di sospensione, oltre al pagamento della somma di € 1.500,00, occorre procedere alla regolarizzazione dei lavoratori trovati in nero. Il Ministero del Lavoro ha chiarito con la circolare n. 33/2009 che tale regolarizzazione deve avvenire con tipologie contrattuali comunque diverse da quelle che richiedono la forma scritta "ad substantiam" (es. contratto a tempo determinato, contratto di apprendistato). Non si può inoltre utilizzare il contratto di lavoro intermittente per ottenere la regolarizzazione e la conseguente revoca del provvedimento di sospensione.
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