I congedi parentali - Lavoratori subordinati
Pubblicato il 01 agosto 2013
Il congedo parentale, disciplinato dagli articoli dal 32 al 38 del T.U. sulla maternità e paternità contenuto nel D.Lgs. n. 151/2001, è fruibile al termine del periodo di maternità obbligatoria, sia esso di tre o quattro mesi per effetto della flessibilità, da entrambi i genitori ed entro gli otto anni di età del bambino. Il congedo parentale spetta anche alle donne lavoratrici che abbiano in adozione o affidamento un bambino, nei termini che vedremo successivamente. Si tratta di un congedo facoltativo che, dal 2013, è altresì possibile scambiare con un contributo in denaro o in voucher ai sensi di quanto legiferato dalla legge n. 92/2012. L’articolo 4, comma 24, lettera b) della legge n. 92/2012 (c.d. Riforma del Mercato del Lavoro), al fine di sostenere la genitorialità e favorire la ripresa del lavoro per le donne che hanno avuto un figlio, ha previsto, infatti, l’introduzione di un contributo che permetta di conciliare i tempi di vita e di lavoro della madre lavoratrice che voglia riprendere l’attività lavorativa. La neo mamma può richiedere al termine del congedo di maternità obbligatoria, per un massimo di sei mesi e fino agli undici mesi successivi, in alternativa al congedo parentale di cui all’art. 32, co. 1, del T.U. maternità e paternità, i cosiddetti “voucher” al fine di acquistare servizi di baby sitting, o, in alternativa, un contributo economico per ricoprire i costi derivanti da strutture pubbliche o servizi privati accreditati, cui affidare il bimbo durante le ore di lavoro (per i particolari vedi scheda Prontuario “I voucher alla madre in congedo parentale”).
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