Buona fede e importi minimi da regolarizzare salvano il ravvedimento
Autore: Cristina Ricciolini
Pubblicato il 22 ottobre 2012
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La Ctr Lombardia, con la sentenza 79/19/12, accoglie il ricorso presentato da un contribuente avverso una cartella di pagamento emessa per carente versamento di Ires e Irap. Quanto omesso era stato versato avvalendosi del ravvedimento. Il Fisco sosteneva che il ricorso al ravvedimento non poteva essere considerato valido in quanto gli interessi da versare erano stati calcolati erroneamente e gli acconti corretti scaturivano dalla dichiarazione originaria e non dalla dichiarazione integrativa successivamente presentata.
Su quest'ultimo aspetto i giudici della Commissione tributaria regionale sottolineano che nessun supporto normativo né giurisprudenziale specifica che i versamenti in acconto vadano calcolati sulla base della dichiarazione integrativa. Né si può attribuire valore di legge ad una circolare delle Entrate (la n. 47/E/2008) intervenuta in materia.
Per quanto riguarda l'erroneo computo del valore degli interessi, per il quale si metteva in dubbio la validità del ravvedimento, i giudici specificano che la contestazione del Fisco è contraria “al principio di buona fede, della correttezza e dell'affidamento che è posto alla base del rapporto tra contribuente ed erario”, quando – come nel caso di specie - l'importo da regolarizzare è minimo rispetto all'intero ammontare di quanto regolarizzato.
- Il Sole 24 Ore - Norme e Tributi, p. 4 - La buona fede salva la correzione - Tomassini
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