Antiriciclaggio, studi fermi
Pubblicato il 14 maggio 2007
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Il quadro dei primi otto mesi di vigore dell'obbligo (ex Dm 141/06) per i professionisti di segnalare le operazioni sospette di riciclaggio di denaro sporco mette in luce la scarsità dei casi arrivati all'UIC. Netta è la differenza con gli operatori finanziari per i quali l'obbligo è in atto già da parecchi anni. Le responsabilità sono forse da attribuire a vari fattori: i dubbi su una norma lasciata alla libera interpretazione, la mancanza di una casistica precisa su cui fare riferimento, la scarsa protezione della privacy di chi segnala, il rapporto personale con il cliente che può avere mille ragioni lecite per compiere un'operazione solo apparentemente illecita. Nel frattempo è stato pubblicato il Dm 60/2007 dell'Economia che corregge il Dm 141/06 ed estende ai tributaristi la lotta al riciclaggio, tuttavia il correttivo del Dm 141/06 si preoccupa solo delle norme sulla tutela della riservatezza.
La difficoltà maggiore per i professionisti deriva dalla valutazione dello schema penalistico (articolo 3 della legge 197/1991), in quanto l'obbligo di segnalazione parte quando il professionista abbia certezza che il denaro provenga da un delitto non colposo che può essere il presupposto del reato di cui agli articoli 648-bis o 648-ter del Codice penale, come un reato tributario. Il professionista, però, non possiede gli strumenti di verifica e non è tenuto a ad approfondire a tal punto la propria analisi per poter valutare se l'infrazione sia rilevante o meno.
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