E’ stato respinto il ricorso promosso da una società contribuente che, nell’opporsi a cinque cartelle di pagamento, ne aveva contestato l’illegittima notificazione avvenuta via PEC.
CTP e CTR avevano rigettato le relative impugnazioni, rilevando che i vizi di notifica erano stati sanati dalla avvenuta conoscenza dell’atto da parte del destinatario e che la notifica a mezzo PEC era regolare.
La Spa si era quindi rivolta alla Corte di legittimità, lamentando violazione e falsa applicazione di legge per non avere, i giudici di merito, rilevato e dichiarato l’inesistenza della notificazione della cartella di pagamento mancante dell’attestazione di conformità dell’atto analogico a quello digitale notificato, trasmessa alla contribuente in formato Pdf, anziché p7m, nonché priva della cosiddetta firma digitale.
Con ordinanza n. 8598 del 26 marzo 2021, la Corte di cassazione ha giudicato infondati i predetti rilievi, ricordando, in primo luogo, come la notifica, da parte dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, a mezzo del servizio di posta elettronica certificata (PEC) sia una modalità di partecipazione dell’atto consentita ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 26, secondo comma DPR n. 602/1973 e dell’art. 60, settimo comma, del DPR n. 600/1973.
A seguire, gli Ermellini hanno ricordato il recente pronunciamento di legittimità (Cass. n. 30948/2019) secondo cui “la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio Pec un documento informatico, che sia duplicato informatico dell'atto originario (il cosiddetto “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la cosiddetta “copia informatica”)”, come era avvenuto anche nel caso in esame, dove il concessionario della riscossione aveva provveduto a inserire nel messaggio di posta elettronica certificata un documento informatico in formato Pdf, realizzato in precedenza mediante la copia per immagini di una cartella di pagamento composta in origine su carta.
Inoltre – si legge nella decisione – nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale.
Viene richiamato, anche in questo caso, quanto precisato dalla giurisprudenza di Cassazione in tema di riscossione delle imposte: la mancanza della sottoscrizione della cartella di pagamento da parte del funzionario competente non comporta l’invalidità dell’atto, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’autorità da cui promana.
L’autografia della sottoscrizione, infatti, è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi in cui sia prevista dalla legge mentre, ai sensi dell’art. 25 del DPR n. 602, la cartella va predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero competente, che non prevede la sottoscrizione dell’esattore, ma solo la sua intestazione.
In ogni caso, la Sesta sezione della Corte di cassazione ha rammentato il principio di diritto affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna dello stesso ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. S.U. n. 23620/2018).
Il ricorso della società contribuente è stato in definitiva rigettato.
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