Obbligo di fedeltà violato, licenziamento per giusta causa legittimo

Pubblicato il 12 febbraio 2025

Ribadita, dalla Cassazione, l’importanza dell’obbligo di fedeltà come principio cardine del rapporto di lavoro subordinato.

Il lavoratore - ha ricordato la Corte - deve mantenere una condotta leale e coerente con gli interessi aziendali, evitando qualsiasi comportamento, anche al di fuori dell’orario di lavoro, che possa compromettere il rapporto di fiducia o entrare in conflitto con gli obiettivi e l’organizzazione dell’impresa.

Obbligo di fedeltà e legittimità del licenziamento per giusta causa  

Con ordinanza n. 3405 dell'11 febbraio 2025, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla legittimità del licenziamento disciplinare di un dipendente della Rete ferroviaria italiana.

La decisione è stata assunta in seguito alla contestazione disciplinare avanzata dall’azienda, che ha ritenuto che il lavoratore avesse violato gravemente l’obbligo di fedeltà previsto dall’articolo 2105 del Codice Civile e dai principi generali di correttezza e buona fede.

Violazione dell'obbligo di fedeltà  

La società ha contestato al lavoratore lo svolgimento di attività imprenditoriale parallela senza autorizzazione, in un settore potenzialmente in conflitto con l’attività aziendale.

L’ex dipendente, pur essendo in regime di part-time, ricopriva incarichi operativi e gestionali in più società senza averne informato il datore di lavoro, in violazione delle regole aziendali e del codice etico interno.

La Cassazione ha chiarito che l’obbligo di fedeltà non si limita al divieto di concorrenza, ma impone al dipendente di astenersi da qualunque condotta che possa ledere gli interessi aziendali o compromettere il rapporto fiduciario.

Il lavoratore, in altri termini, non solo deve evitare di danneggiare direttamente l’azienda, ma deve anche adottare una condotta trasparente e coerente con gli interessi aziendali.

L’inosservanza di tale obbligo può legittimare il licenziamento per giusta causa, soprattutto quando il comportamento del dipendente mina la fiducia reciproca e l’integrità dell’organizzazione.

Nel caso specifico, il lavoratore non solo aveva omesso di comunicare la sua attività esterna, ma lo aveva fatto in un contesto particolarmente delicato, caratterizzato da presunti rapporti con ambienti criminali.

Tale comportamento ha determinato una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario, giustificando il licenziamento per giusta causa.

Valutazione della Corte di Cassazione  

Il datore di lavoro - ha evidenziato la Corte - ha il diritto di esigere dai propri dipendenti un comportamento leale e trasparente, che escluda ogni possibile situazione di conflitto di interessi.

Nel caso in esame, la mancata comunicazione delle attività parallele e il loro collegamento con ambienti illeciti rendeva impossibile la prosecuzione del rapporto di lavoro, indipendentemente dall’effettivo danno economico subito dall’azienda.

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