Condannati i dirigenti a conoscenza della nocività dell'esposizione ad amianto

Pubblicato il 02 febbraio 2018

Confermata dalla Cassazione la condanna dei dirigenti Enel di Chivasso

Si è conclusa, con una condanna della Corte di cassazione, la lunga vicenda giudiziaria che aveva visto gli amministratori della centrale Enel di Chivasso imputati per omicidio colposo in relazione alle morti per mesotelioma pleurico di alcuni dipendenti, causate dalla pluriennale esposizione ad amianto avvenuta nel corso delle lavorazioni e delle operazioni di manutenzione dei relativi impianti.

La pronuncia di legittimità segue un complesso iter processuale che aveva visto la stessa Cassazione, in una prima fase, procedere all’annullamento, con rinvio, della decisione con cui la Corte d’appello aveva assolto i dirigenti.

In sede di rinvio, gli imputati erano stati prosciolti in relazione agli omicidi di due lavoratori, e ciò in considerazione dell’intervenuta estinzione, per prescrizione, dei relativi reati; tuttavia, nel caso della morte del terzo dipendente, la Corte d’appello aveva ritenuto che non fosse ancora spirato il termine prescrizionale, raddoppiato per effetto della Legge n. 251/2005 in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.

Esposizioni con rilievo eziologico 

Da qui il ricorso in sede di legittimità degli amministratori, a cui la Suprema corte – sentenza n. 4560 del 31 gennaio 2018 – non ha dato, tuttavia, ragione, confermando le statuizioni rese dai giudici del rinvio.

Dopo una lunga ed articolata disamina, la Cassazione ha sottolineato la rilevanza etiologica che doveva riconoscersi alle esposizioni all’amianto, verificatesi nel periodo in cui gli imputati rivestivano ruoli direttivi nella centrale Enel, esposizioni che sono state ritenute "concause" che “avevano certamente concorso a determinare la grave neoplasia dell'apparato respiratorio e, conseguentemente, l'evento morte dei tre lavoratori”.

Con particolare riferimento alla questione sollevata dai ricorrenti in materia di colpa, gli Ermellini hanno affermato la puntualità della motivazione con cui la Corte di secondo grado aveva spiegato le ragioni per le quali gli imputati fossero nelle condizioni di conoscere, nel momento in cui avevano assunto l'incarico ricoperto, gli effetti gravemente nocivi della esposizione all'amianto e come essi fossero, conseguentemente, nelle condizioni per l'adozione di adeguate misure protettive, individuali e di contesto, assicurando, altresì, una puntuale formazione sui rischi dell’esposizione a questa sostanza.

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