Malversazione come presupposto del reato di autoriciclaggio

Pubblicato il 08 gennaio 2021

E’ configurabile il delitto di autoriciclaggio in rapporto al reato di malversazione?

La Corte di cassazione ha affrontato tale questione nel testo della sentenza n. 331 del 7 gennaio 2021, pronunciata nell'ambito di un’indagine per autoriciclaggio a carico di un imprenditore.

Il capo di incolpazione contestato indicava come reato presupposto dell’autoriciclaggio quello di malversazione ai danni dello Stato e concerneva la gestione e l’utilizzo di un finanziamento pubblico ottenuto per la realizzazione di un progetto di investimento industriale.

L’autoriciclaggio - si rammenta - presuppone la commissione di un altro reato che viene appunto definito “delitto presupposto”.

Il ricorrente aveva contestato tale configurabilità, sull’assunto che il reato di malversazione non potesse rappresentare reato presupposto.

Nel corpo della decisione, gli Ermellini hanno, per contro, ammesso che anche le malversazioni ai danni dello Stato possono costituire il reato presupposto della fattispecie di cui all’art. 648-ter c.p.

Malversazione ai danni dello Stato, configurazione

In primo luogo, i giudici di Piazza Cavour si sono soffermati ad analizzare le caratteristiche del delitto di malversazione, previsto e punito dall’art. 316-bis del Codice penale.

Hanno così ricordato come l’interesse protetto dalla norma sia individuabile nella corretta gestione delle risorse pubbliche destinate ai fini di incentivazione economica e attenga, più che alla pubblica amministrazione, all’economia pubblica.

Presupposto del reato di malversazione è che l’agente, soggetto estraneo alla Pa, abbia ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico, un contributo, una sovvenzione o un finanziamento destinati ad una determinata finalità pubblica.

La condotta punita è quella che si realizza quando si distrae, anche in parte, la somma percepita dalla predetta finalità, violando in una qualsiasi maniera il vincolo di destinazione del contributo ottenuto.

Cassazione: sì a malversazione come reato presupposto

Ciò posto, la Suprema corte ha sottolineato come, in considerazione delle specifiche caratteristiche del caso concreto, il reato di malversazione doveva ritenersi perfezionato nel momento in cui l’imputato, ottenuto il finanziamento agevolato, aveva distolto il denaro pubblico dal suo scopo, trasferendolo su altri conti correnti riferibili a soggetti o a diversi compartimenti operativi della società.

In tale contesto, tutte le operazioni successivamente compiute sulle somme distratte e volte all’occultamento delle stesse, si erano poste in successione temporale rispetto alla distrazione medesima e configuravano gli estremi del reato di autoriciclaggio.

Era la diversa destinazione delle somme ad aver segnato, inequivocabilmente, il perfezionamento del reato contestato, rendendo definitiva la distrazione dei fondi pubblici a finalità differenti da quelle per le quali il finanziamento era stato concesso.

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