Malattia, fasce di reperibilità e svolgimento di altre attività

Pubblicato il 04 febbraio 2016

La malattia è un’alterazione dello stato di salute che comporta un'incapacità lavorativa e, quindi, l’impossibilità temporanea della prestazione lavorativa in favore del datore di lavoro.

La certificazione sanitaria

Posto che il lavoratore ha sempre l’obbligo di avvisare tempestivamente il proprio datore di lavoro, ai sensi dell’art. 25, Legge n. 183/2010, ai dipendenti di datori di lavoro privati, per il rilascio e la trasmissione dell’attestazione inerente la malattia (c.d. certificazione), si applicano le disposizioni di cui all'articolo 55-septies, D.Lgs. n. 165/2001, che prevede:

La certificazione di malattia va inviata telematicamente, a cura del medico del SSN, all’INPS per il tramite del SAC e viene reso disponibile al datore di lavoro e/o al professionista abilitato per la consultazione on line.

Il lavoratore riceve, invece, dal medico copia del certificato e/o numero di protocollo di invio dello stesso che va comunicato al datore di lavoro nel caso in cui quest’ultimo ne faccia richiesta.

Qualora non sia stato possibile procedere all’invio telematico della certificazione medica ed il medico curante abbia rilasciato in modalità cartacea il certificato al lavoratore, quest’ultimo dovrà inviarlo all’INPS, entro il termine di due giorni dal rilascio, ed al proprio datore di lavoro secondo le modalità tradizionali.

Inoltre, nel caso in cui l’assenza per malattia abbia luogo per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici l’assenza può essere giustificata mediante la presentazione di attestazione rilasciata dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la visita o la prestazione (INPS, circolare n. 117/2011).

Fasce di reperibilità

Per i lavoratori dipendenti di datori di lavoro privati, sussiste l’obbligo, in malattia, di essere reperibili - fin dal primo giorno ed anche nel caso in cui il certificato medico non sia stato ancora inviato dal medico - presso il proprio domicilio o presso il diverso luogo indicato sul certificato medico telematico, tutti i giorni (sabati, domeniche e festivi compresi) dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19.

Con Decreto Interministeriale dell’11 gennaio 2016 - entrato in vigore il 22 gennaio 2016 – sono state stabilite integrazioni e modificazioni al Decreto 15 luglio 1986, concernente le visite mediche di controllo dei lavoratori da parte dell’INPS.

Stante quanto sopra, dal 22 gennaio 2016, sono esclusi dall'obbligo di rispettare le fasce di reperibilità i lavoratori subordinati, dipendenti dai datori di lavoro privati, per i quali l'assenza sia etiologicamente riconducibile ad una delle seguenti circostanze:

  1. patologie gravi che richiedono terapie salvavita;
  2. stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

Tuttavia, per poter fruire dell’esclusione dell'obbligo di reperibilità:

Assenza alla visita di controllo

Per giurisprudenza (Cass. sent. n. 2624/2001) si ritiene che l’assenza alla visita di controllo sia ammessa solo in presenza di un ragionevole impedimento, o valida ragione, socialmente apprezzabile, da valutare caso per caso, con onere della prova a carico del lavoratore.

Per l’INPS (circolare n. 183/1984) sono motivi giustificativi dell’assenza:

Inoltre, sempre l’INPS ha chiarito che le tipologie di accertamento giustificative dell'assenza debbono rientrare nell'ambito specialistico; sono, ad ogni modo comprese anche prestazioni non strettamente "specialistiche" (esempio: terapia iniettiva) che, però, devono essere effettuate presso poliambulatori pubblici o, comunque, autorizzate dalle ASL, mentre le visite possono essere sia specialistiche che medico-generiche.

Il lavoratore deve, comunque, sempre  fornire la documentazione, rilasciata dalla struttura o ambulatorio presso il quale si è recato, con l'indicazione del giorno e dell'ora.

Previsioni dei CCNL

In genere i CCNL possono prevedere l’obbligo di preavvertire il datore di lavoro e/o l’organo di controllo dell’assenza indifferibile, tuttavia vi sono anche sentenze che ritengono che la comunicazione all’organo di controllo vada comunque fatta per rispetto del dovere di correttezza e buona fede (Cass. sent. n. 15766/2002).

Qualora il CCNL preveda l’obbligo di comunicare al datore di lavoro l’assenza dal proprio domicilio durante le fasce di reperibilità, il lavoratore che non effettui la suddetta comunicazione è sanzionabile anche se l’assenza risulta dovuta a giustificato motivo (Cass. sent. n. 1481/2000).

Svolgimento di altre attività

Durante la malattia il lavoratore può svolgere attività non lavorative (es: attività amatoriali, hobbistiche, sportive, ecc.) a patto che non pregiudichino o ritardino la guarigione e, quindi, il suo rientro al lavoro.

Inoltre, nel rispetto dei principi di fedeltà e diligenza, il lavoratore in malattia non può svolgere altre attività lavorative, a prescindere che siano a titolo oneroso o gratuite, che possano pregiudicare e ritardare la guarigione o, ancora peggio, far presumere l’inesistenza della malattia.

E’, inoltre, categoricamente vietato lo svolgimento presso terzi delle medesime mansioni svolte per il proprio datore di lavoro.

In merito, si ritiene lecito il controllo effettuato dal datore di lavoro per il tramite di Agenzie investigative per la verifica dello svolgimento di altre attività durante la malattia, integrante un illecito disciplinare.

Nel caso di specie è importante tener presente che tali controlli di terzi sono ammessi dalla giurisprudenza solo nel caso in cui non siano di tipo sanitario ma, per l’appunto, volti a verificare circostanze di fatto che dimostrino l’insussistenza della malattia e, in particolare, lo svolgimento di altra attività lavorativa.

 

                                                                             Quadro delle norme

  INPS, circolare n. 183/1984

  DM 15 luglio 1986

  D.Lgs. n. 165/2001

  Legge n. 183/2010

  Decreto Interministeriale 11 gennaio 2016

  INPS, circolare n. 117/2011

  Corte di Cassazione, sentenza n. 1481/2000

  Corte di Cassazione, sentenza n. 2624/2001

  Corte di Cassazione, sentenza n. 15766/2002

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