La disponibilità alla chiamata va pagata anche per il part-time
Pubblicato il 12 novembre 2014
Un lavoratore ha chiesto al Tribunale la dichiarazione di illegittimità del contratto di lavoro part-time concluso con la società datrice di lavoro e la condanna della medesima al risarcimento del danno, in forma di
indennità compensativa, per la
disponibilità prestata a svolgere servizio a richiesta, sempre da parte del datore, pur in mancanza di una precisa predeterminazione della distribuzione dell'orario di lavoro, dal momento che questa riguardava solo il 30% del minimo dell'orario previsto.
La Corte d'Appello di Genova, investita dall'impugnazione, ha accolto il gravame ed ha condannato la società resistente al pagamento di
differenze retributive.
La Corte di Cassazione, con sentenza n.
23600 del 5 novembre 2014, ha confermato il suo orientamento (vedi Cass. Sez. lav. n. 24566/2009) in forza del quale, a fronte del potere unilaterale del datore di lavoro di fissare le modalità temporali della prestazione pattuita, la
disponibilità alla chiamata effettuata da parte del datore di lavoro, pur
non potendosi equiparare a lavoro effettivo, deve, comunque, trovare
adeguato compenso, tenendo conto di un complesso di circostanze a tal fine significative, quali:
- l'incidenza sulla possibilità di attendere ad altre attività;
- il tempo di preavviso previsto o di fatto osservato per la richiesta di lavoro "a comando";
- l'eventuale quantità di lavoro predeterminata in misura fissa;
- la convenienza dello stesso lavoratore a concordare di volta in volta le modalità della prestazione.