La cessione di azienda a fronte di rendita vitalizia origina una plusvalenza tassabile

Pubblicato il 10 gennaio 2011 Con l’ordinanza n. 23874/2010, la Corte di Cassazione tratta il delicato tema delle rendite vitalizie e delle cessioni di azienda che possono determinare l’insorgenza di plusvalenze imponibili, secondo quanto disciplinato dal comma 2, dell’articolo 86 del Tuir.

La Corte, allineandosi a quanto già pronunciato dalla stessa Amministrazione finanziaria con la risoluzione n. 255/09, seppur espressamente riferita ai redditi da lavoro autonomo, ribadisce le conclusioni cui era giunto in precedenza il Comitato consultivo per l’applicazione delle norme antielusive (parere n. 30/2005), secondo cui si possono individuare due distinti presupposti d’imposta. Infatti, nel caso di cessione a fronte di una rendita vitalizia, la plusvalenza derivante dall’operazione straordinaria si considera tassabile in quanto: da una parte, il corrispettivo imputabile alla plusvalenza dell’azienda ceduta, che la società realizza mediante l’acquisizione del diritto alla rendita vitalizia, ha natura di reddito d’impresa ed è tassabile secondo competenza; dall’altra, vi è la percezione delle rate di vendita che assumono la natura di reddito di lavoro dipendente e assimilato e, dunque, da tassare nel momento in cui viene percepito.

Muovendo da questi due presupposti impositivi, l’ordinanza n. 23874 della Suprema Corte ribadisce che la plusvalenza conseguita dalla cessione d’azienda con costituzione di rendita vitalizia è imponibile ai fini del reddito d’impresa, a prescindere che la stessa rendita sia tassata secondo le regole del lavoro dipendente e assimilato. Non si crea una duplicazione d’imposta dato che i presupposti alla base delle due forme di tassazione sono differenti.
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