La Cassazione sul vincolo di continuazione

Pubblicato il 04 agosto 2010
Con due recenti decisioni, la n. 30903 e la n. 29967 del 2010, la Cassazione penale si è pronunciata in ordine all'applicabilità dell'istituto della continuazione tra reati. 

In particolare, con la prima sentenza (la n. 30903), la Corte di legittimità ha escluso che potesse essere ravvisato tale vincolo nella vicenda che vedeva coinvolto il proprietario di un bar, imputato per detenzione, anche ai fini di spaccio all'interno del proprio esercizio, di circa 3 grammi di eroina e mezzo grammo di marijuana. La presenza di stupefacenti di diversa natura – spiega la Corte - non determina la continuazione del reato dando, per contro, luogo ad un unico reato; tale lettura, in particolare, è in linea con le disposizioni di cui alla Legge 49/06 che ha eliminato la distinzione tabellare tra droghe pesanti e droghe leggere. 

La sussistenza del vincolo della continuazione è stata esclusa anche con riferimento al caso esaminato dalla Corte con la decisione n. 29967 del 29 luglio; in particolare, i giudici di legittimità hanno confermato la decisione con cui il Gup del Tribunale di Bolzano aveva respinto la richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato presentata nell'interesse dell'imputato, un ragazzo che, tra il maggio 2000 ed il dicembre 2006, aveva commesso una serie interminabile di furti. Secondo la Prima sezione penale la configurabilità della continuazione era stata correttamente esclusa dai giudici di merito attraverso “un concreto e puntuale riferimento ai dati circostanziali e giuridici caratterizzanti la disomogeneità della dimensione storico-naturalistica dei diversi delitti”. Nel dettaglio, l'apprezzabile lasso temporale intercorso tra le diverse violazioni, la loro commissione in diverse località ed il concorso con persone diverse ostavano “all'identificazione di un unico e preordinato disegno criminoso”.
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