La Corte di cassazione, con sentenza n. 26330 del 12 settembre 2023, ha accolto il ricorso di un avvocato contro la decisione con cui la Corte d'appello aveva ritenuto legittima la sua iscrizione alla Gestione separata INPS.
Il legale, tra i motivi di ricorso, aveva dedotto la mancata considerazione, da parte dei giudici di merito, del fatto che l'INPS non aveva adempiuto all'onere di provare il requisito dell’abitualità dello svolgimento dell’attività professionale.
Secondo la sua difesa, inoltre, non era stato tenuto conto nemmeno della percezione, da parte del professionista, di un reddito inferiore alla soglia di 5mila euro.
Doglianze, queste, giudicate fondate dalla Suprema corte.
La Corte territoriale, invero, aveva rilevato che il reddito derivante da attività professionale era l'unico reddito del ricorrente, ma non aveva svolto alcun esame circa abitualità dell’attività, cui si ricollegava l’obbligo di iscrizione alla gestione separata.
Nella decisione, gli Ermellini hanno richiamato l'orientamento ormai pacifico della giurisprudenza in ordine all’obbligo di iscrizione alla gestione separata INPS degli avvocati non iscritti a Cassa forense.
Gli avvocati - ha rammentato la Corte - sono tenuti comunque ad iscriversi alla gestione separata presso l'INPS, in virtù del principio di universalizzazione della copertura assicurativa.
All’esito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 104/2022, peraltro, la violazione dell’obbligo suddetto importa responsabilità per i contributi ma non anche per le sanzioni.
Ciò detto, i giudici di Piazza Cavour hanno ribadito anche l'ulteriore principio secondo cui, in materia previdenziale, sussiste l'obbligo di iscrizione alla gestione separata nell'ipotesi di percezione di reddito derivante dall'esercizio abituale, ancorché non esclusivo, ed anche occasionale ove il reddito superi la soglia di 5mila, di un'attività professionale per la quale è prevista l'iscrizione ad un albo o ad un elenco.
Questo, fermo restando che Il requisito dell'abitualità dell'attività professionale va accertato in punto di fatto, mediante la valorizzazione di presunzioni ricavabili, ad esempio:
dall'iscrizione all'albo;
dall'accensione della partita IVA;
dall'organizzazione materiale predisposta dal professionista a supporto della sua attività.
In tale contesto, la percezione, da parte del professionista, di un reddito annuo di importo inferiore alla soglia di 5mila euro può rilevare quale indizio per escludere, nel concreto, la sussistenza del requisito in questione.
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