Ferie annuali, retribuzione comprensiva delle indennità

Pubblicato il 12 settembre 2023

La finalità del diritto alle ferie annuali retribuite - vale a dire quella di consentire al lavoratore, da un lato, di riposarsi e, dall'altro, di beneficiare di un periodo di distensione e di ricreazione - va preservata rispetto a qualsiasi prassi od omissione da parte del datore di lavoro che abbia un effetto potenzialmente dissuasivo.

Fruizione ferie: no a prassi con effetto dissuasivo  

Il trattamento economico relativo al periodo di ferie, pertanto, deve essere comparabile a quello di lavoro effettivo, considerando l’esigenza di evitare che il dipendente sia scoraggiato dall’interrompere il lavoro e, quindi, rinunci a rigenerare le proprie energie psico - fisiche.

La nozione europea di remunerazione delle ferie, infatti, è delineata sotto un profilo “teleologico”, nel senso che essa deve essere tale da garantire al lavoratore medesimo condizioni economiche paragonabili a quelle di cui gode quando esercita l'attività lavorativa.

Il riconoscimento delle differenze retributive, in tale contesto, non può essere impedito dalla circostanza che, in concreto, il ricorrente abbia già integralmente fruito delle ferie a sua disposizione.

Come infatti chiarito dalla giurisprudenza della Corte Ue, non rileva la effettiva dissuasione già concretizzatasi, ma esclusivamente la sua potenzialità.

Retribuzione senza indennità? Datore tenuto a differenze retributive

E' sulla scorta di tali principi che il Tribunale di Bari, con sentenza n. 2179 del 6 settembre 2023, ha parzialmente accolto il ricorso con cui un lavoratore aveva domandato che venisse accertato il proprio diritto a percepire, durante i giorni di ferie fruiti, una retribuzione paragonabile a quella conseguita per i giorni di lavoro ordinario.

Il dipendente aveva dedotto che durante i giorni in cui, nel corso dell'intero rapporto di lavoro, egli aveva usufruito delle ferie, la società non gli aveva erogato una pluralità di indennità, viceversa corrisposte in relazione ai periodi di lavoro effettivo.

Chiedeva, quindi, che la datrice di lavoro fosse condannata al pagamento della maggiore somma dovuta “nei limiti della prescrizione”.

Il Tribunale, dopo aver ripercorso l'evoluzione giurisprudenziale e aver ribadito il consolidato orientamento della Corte di giustizia Ue e dei giudici nazionali in tema di retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie, ha evidenziato la necessità di analizzare le singole voci pretese, così da stabilire se esse potessero considerarsi dirette a compensare un incomodo intrinsecamente collegato all’esecuzione delle mansioni di competenza del lavoratore o, comunque, fossero correlate allo status personale e professionale del medesimo.

A seguire, l'organo giudicante si è soffermato sull’individuazione del meccanismo di accertamento della spettanza delle differente retributive, ritenendo indispensabile limitare il possibile riconoscimento giudiziale delle pretese al solo periodo minimo di durata delle ferie annuali.

Al di fuori delle 4 settimane annue di ferie, infatti, non sussisterebbe alcun vincolo derivante dal diritto dell’Unione Europea e, dunque, nessuna ragione per disapplicare le limitazioni previste dall’ordinamento nazionale.

Maggiore retribuzione, prova a carico del lavoratore

La domanda del dipendente, tuttavia, è stata scrutinata solo a decorrere dal 2015, atteso l’avvenuto deposito, a cura del medesimo, unicamente delle buste paga relative al periodo dal 2014 al 2019.

Per i crediti per differenze retributive sorti anteriormente, in altri termini, è stata condivisa la difesa della società resistente per quanto riguarda la carenza di prova della pretesa articolata in giudizio, con conseguente rigetto delle domande in parte qua.

Secondo il Tribunale, difatti, l’idoneità della mancata erogazione di compensi a dissuadere il lavoratore dal godere delle ferie, la cui valutazione è riservata al giudice di merito, rappresenta un fatto costitutivo del diritto alla maggiore retribuzione per il medesimo periodo feriale.

Di conseguenza, grava sul lavoratore che agisca in giudizio per il relativo riconoscimento, l’onere di dimostrare l’incidenza sul trattamento economico mensile.

In conclusione, la domanda attorea è stata accolta per i soli crediti maturati a decorrere dal 2015, con conseguente assorbimento di ogni questione concernente la decorrenza del termine quinquennale di prescrizione.

Nel dettaglio, è stato riconosciuto il diritto del prestatore a percepire, durante i periodi di ferie annuali e nei limiti di 28 gg., una retribuzione inclusiva di diarie e trasferte, indennità di presenza, indennità sabato lavorato ed indennità di spinta.

Il tutto, con conseguente condanna della società datrice di lavoro al pagamento, in favore del medesimo, delle differenze retributive maturate a far data dal 2015.

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